• Serena ha pubblicato un commento nel gruppo Logo del Progetto di ORIENTAMIXORIENTAMIX il 3/11/2011

    Ciao Davide, credo che il tuo progetto sia molto ambizioso e, insieme, complesso: tanto quanto il problema che affronti.
    L’educazione è un processo fondamentale per la società, perché si propone di garantire, contemporaneamente: a) la realizzazione della singola persona b) la conservazione di un dato ordine sociale c) il trasferimento dei valori propri a una determinata cultura/tradizione. A seconda di quale di questi obiettivi sia più importante in un dato momento storico, si metterà al centro del progetto educativo la persona, la società o la cultura. Ecco perché lo sviluppo armonico della personalità e delle sue attitudini, l’integrazione culturale o la preparazione al mondo del lavoro appaiono talvolta in competizione tra loro, più che tasselli di un’unica grande strategia educativa.
    Uno degli indicatori di questa situazione è l’idea, sempre più diffusa, che l’educazione debba procedere per compartimenti stagni. Così, ad esempio, l’educazione sessuale diventa un momento isolato…una sorta di campagna di prevenzione separata dalla normale lezione di letteratura, di storia o di storia dell’arte (come se non fosse possibile educare all’amore e al sesso mettendoli in relazione al sistema di valori di una cultura attraverso un’opera letteraria o un dipinto e in presenza di uno psicologo)! Eppure ricordo sempre con affetto come il mio professore di latino sia riuscito – senza che allora ce ne rendessimo conto – a trasformare la lettura di una poesia di Catullo nella più mirabile lezione sulla differenza tra sesso e amore che abbia mai avuto la fortuna di ascoltare in seguito.
    Un’altra idea diffusa è che alcuni di questi percorsi/progetti abbiano un peso relativo maggiore rispetto ad altri. All’interno del POF, ad esempio, i corsi di inglese e di informatica appaiono prioritari rispetto ad altri che hanno ad oggetto il teatro, la pittura o la danza; un progetto incentrato sull’uso della lavagna interattiva viene prima di un percorso di media education; e così via. E così mentre la scuola pretende di preparare al mondo del lavoro con alcune nozioni di inglese o sul Pacchetto Office, schiere di ragazzi più o meno giovani investono sul proprio talento popolando i reality show! E, ancora, mentre gli insegnanti si cimentano con l’uso della lavagna interattiva, perdono l’occasione di riflettere con i propri studenti e con l’aiuto di un esperto sul significato culturale dei reality!
    La reazione naturale degli insegnanti di fronte a questo proliferare di esigenze educative e di proposte è l’affermazione che non si possa delegare tutto alla scuola. Eppure, sarebbe così semplice distinguere tra ciò che attiene alle normali routine scolastiche e ciò che merita uno spazio alternativo rispetto all’insegnamento tradizionale!
    Probabilmente, l’inglese, l’informatica e la lavagna interattiva dovrebbero essere ormai dimensioni implicite dell’insegnamento tout court e non percorsi aggiuntivi. Qualsiasi insegnante, cioè, dovrebbe essere in grado di utilizzarli e promuoverne l’utilizzo da parte degli studenti durante una qualsiasi lezione. Mentre la musica e lo sport forse meriterebbero uno spazio aggiuntivo rispetto alle poche ore a essi destinate nel normale orario scolastico, magari proponendoli in aggiunta ad altre opzioni come il teatro, la danza, l’artigianato, i media attraverso percorsi da realizzare in collaborazione con esperti e soggetti già esistenti sul territorio.
    Per non parlare del reperimento degli esperti che rimane costantemente impigliato nella logica delle conoscenze e delle raccomandazioni, al punto che alcuni progetti sono cuciti “su misura” a partire dal curriculum dell’esperto in questione.
    Tutto questo per dire che, concordo con Carlo, riuscire a incidere sui programmi scolastici o sulle logiche con cui si costruisce la didattica dei singoli istituti scolastici è impresa ardua, se non impossibile!
    È quindi utile trovare il modo migliore di aggirare l’ostacolo.
    In passato, mi è capitato di incontrare molte difficoltà nel proporre percorsi di media education alle scuole! Eppure sono riuscita a realizzare un progetto sulla televisione, nel momento in cui ho coinvolto il Corecom e un’emittente locale, per poi estendere la proposta al consiglio scolastico di un Istituto Tecnico Industriale con indirizzo telecomunicazioni.
    Allora la domanda che ti pongo è se non ritieni più utile partire dal/i territorio/i piuttosto che dalle scuole. Potresti costruire una grande mappa delle principali attività economiche e culturali esistenti sul territorio nazionale o nelle singole regioni; dei settori in potenziale sviluppo; dei profili richiesti; e delle risorse (esperti, associazioni, imprese e altre attività produttive) con le quali le scuole potrebbero successivamente essere chiamate a individuare e definire percorsi educativi ad hoc.