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Ciao Alfredo,
ti ringrazio per le domande anzi…mica tanto…vista la loro complessità!
Scherzo naturalmente, mi fa molto piacere.
La risposta dovrebbe essere molto articolata, provo a dartene una preliminare per poi, se ti va, approfondire, ok?
L’idea del Marketplace si inserisce in un più ampio progetto partito con la community online dal 2 giugno 2011 (data non casuale) su socialbusinessworld.org, completamente autofinanziata e creata dal basso: questo è fondamentale perché l’approccio prima che “commerciale” volevamo fosse di tipo culturale ed etico. Tecnicamente, la piattaforma software di social networking è nata per quello scopo e non per altri più semplici (blog, siti,..) quindi il punto di partenza è stato: vogliamo costruire un’alternativa etica a Facebook con uno strumento funzionale e potente che permetta molte e più delle funzionalità oggi richieste.
Ora non stiamo creando un altro ecommerce: quello online è un vero e proprio Social Marketplace la qual cosa implica notevoli differenze tecniche e di approccio al “mercato”:
- ogni produttore, dopo essere stato selezionato, ha una propria area da cui può in autonomia gestire i suoi prodotti per la vendita;
- ogni produttore ha modo di interagire direttamente con il consum-attore;
- non ci rivolgiamo semplicemente all’Italia o ad un solo Paese come tutti i siti che hai linkato ma all’Europa (siamo in 5 lingue in via di traduzione) sia quanto a clienti che produttori (anche se questi ultimi per il momento sono ancora quasi tutti italiani). In futuro apriremo anche all’export Extra UE che per ora preferiamo evitare perché non siamo sufficientemente strutturati quanto a risorse umane.
Insomma non un ecommerce ma un Amazon etico…lo so suona molto ambizioso e lo è ma…pian pianino…
La strategia comunicativa e “commerciale” prevede di non fare leva sulla mera possibilità di risparmio (allorché si acquisti via G.A.S.) quanto piuttosto su un diverso approccio relazionale tra produttori e consum-attori: i primi dovranno spiegare sempre meglio come e perché sono “etici” ed a loro deve arrivare la maggior parte del prezzo di acquisto pagato dal cliente finale (cosa che nella distribuzione tradizionale non succede affatto); i secondi dovranno informarsi, capire cosa c’è dietro un “produttore” e comunicare direttamente con lui per scelte di acquisto responsabili, etiche, che non sempre significano spesa maggiore.
Può bastare questa prima risposta?
Un caro saluto
Grazie Michele dell’esaustiva risposta.. Mi sembra che la strategia sia molto chiara. Mi restano però alcune perplessità. Avete percezione di una domanda insoddisfatta in questo ambito? C’è un interesse tra i produttori? Quali sono i primi feedback??
a prestissimo alfredo (il rompi) : )))
Ciao Alfredo, non rompi affatto, anzi, scusa il ritardo ma come per il commento di Maria in alto non avevo ricevuto notifica via email.
Per rispondere alla tua domanda: si, abbiamo percezione di diverse domande insoddisfatte nel mondo dell’economia solidale anche se è molto difficile valutarne le dimensioni e quindi strutturarsi di conseguenza. Il numero di iscritti e visite alle piattaforme ci lasciano molto ben sperare (a proposito, ti sei iscritto a SBW? Cosa ne pensi?). I consum-attori sentono per es. la necessità di reperire sul mercato non solo food ma anche tutte le altre tipologie di prodotto che trovare singolarmente diventa molto complicato per non parlare poi della fase di ordine. I produttori sono allo stesso tempo una grande risorsa ma anche un bel muro da superare a volte: per le ridotte dimensioni non sono strutturati a fare un lavoro “di precisione” su ordini e consegne oppure sono terrorizzati dallo strumento pc/internet. Pian piano però stiamo lavorando anche insieme ad altri amici per rendere loro le cose più semplici e comprensibili anche se a nostro parere il tutto è già tutt’altro che inavvicinabile sia tecnicamente che commercialmente. I primi feedback sono positivi….teniamo le dita incrociate! Suggerimenti? Non rompi, giuro!