Persone, progetti, speranza: dal Porto dei creativi all’università Federico II
Pubblicato da Alberto
06
12
2008
Ieri mattina, indossati i Rayban Aviator e il maglione a collo alto del mio avatar Mr. Volare, ero al Porto dei creativi per intervenire ad un seminario real life. Nel salottino dell'isola io vedevo l'avatar (apertamente tolkieniano) del professor Stefano Consiglio; nell'aula  A 11 dell'università Federico II di Napoli, però, gli studenti vedevano me (e Antonella/Gloriana), mi sentivano parlare in chat voce e a loro volta parlavano con me attraverso l'avatar di Stefano. Prima del giro di domande e risposte tra Mr. Volare e gli studenti il nostro Marco (componente dell'UVAL e dello steering committee di Kublai) aveva introdotto Kublai ai ragazzi. La mia impressione - confermata dai commenti ricevuti, alcuni dei quali si possono leggere qui - è stata quella di un incontro positivo. Alcune riflessioni:
  • Il formato funziona. Dopo la brillante presentazione di Marco, il collegamento da SL ha rappresentato un piacevole cambiamento di linguaggi espressivi pur nella continuità assoluta del messaggio di Kublai. E di più: ha mostrato ai ragazzi un volto per loro inaspettato dello smandrappato Stato italiano: un gruppo preparato, fortemente idealista, combattivo anziché cinico e relativamente giovane all'anagrafe e nello stile. Credo che Kublai abbia guadagnato di credibilità: se dopo tutti i discorsi di Marco sulla creatività, l'apertura e le nuove idee avesse mostrato loro un portale (scusate la parola), gli studenti avrebbero probabilmente fiutato il pericolo, la stagnazione, l'imitazione "da fuori" (e malfatta) del linguaggio della rete anziché la la sua condivisione "da dentro". Un ministero economico che si presenta con Marco e poi apre un collegamento con Second Life... l'Italia è anche questo. :) E, sapete una cosa? Non è stato poi così difficile. Dopo anni passati a lottare con problemi tecnici (Robin Good e Tommaso Tessarolo che non riuscivano a collegarsi via Skype con la Camera di commercio di Milano per l'EBA Forum, per esempio), con un minimo di attenzione e preparazione il seminario in meshup tra RL e SL è filato via liscio. Stefano aveva un portatile e una chiavetta HDSPA; io avevo il mio MacBook Pro e un buon microfono cuffia; l'università ci ha messo uno schermo gigante e un'amplificazione audio.
  • Contano i valori. Di cosa è fatto lo sviluppo creativo, chiedevo ai ragazzi? E loro: passione, fiducia, motivazione... E cosa dovrebbe fare Kublai, cosa dovrebbe fare il Ministero per promuoverlo? E loro: dare attenzione, creare un buon clima, e così via. Nessuno ha parlato di soldi. La non centralità delle risorse finanziarie nei processi di sviluppo creativo sta diventando ormai una costante dell'esperienza Kublai, ne ho parlato anche nei video di quest'estate. E' la grande lezione del subversive engineering: puoi fare innovazione con pochissimo denaro, se le intelligenze sono connesse e supportate da una solida infrastruttura cognitiva e valoriale (e da un buon welfare).
  • Sostenere la speranza.  Con mio grande raccapriccio, la parola che circolava era "depressione". Gli studenti di Stefano sono depressi, non vedono per se stessi un futuro e un posto nel mondo, si sentono guardati con fastidio dagli adulti che gestiscono il loro mondo. Mi è venuto da schierare Kublai per attaccare la depressione: il futuro siete voi; Kublai esiste perché gli adulti in questione non ottengono risultati, basta guardare in che stato è il Mezzogiorno dopo oltre cinquant'anni di politiche di sviluppo; lo sviluppo è fatto di persone, non di risorse finanziarie; le persone si connettono in rete e aumentano il loro impatto; i tempi di crisi mettono le soluzioni inefficienti e parassitarie sotto pressione e allargano gli spazi per le persone competenti e coraggiose. Stefano, Marco e io abbiamo provato a dare un segno di speranza, di attenzione, di valori solidi. Chissà se i nostri discorsi sono stati resi più credibili dall'informalità visionaria del salotto ai vecchi docks e dalla pulizia del cielo digitale sopra al Porto dei creativi: fatto sta che un po' di speranza è passata (leggere i commenti per credere), e i ragazzi ce l'hanno restituita con gli interessi iscrivendosi in massa a Kublai. Yes we can. Forse. E comunque bisogna provarci.

Commenti

  1. caterina
    6 dicembre 2008 alle 17:10

    ero anch’io in aula, ed è con piacere che aggiungo commenti sparsi:

    - sulla capacità di Marco di adottare un linguaggio “non ministeriale”, che era molto appropriato all’occasione;

    - su come il collegamento con SL abbia sciolto la barriera ghiacciata che, solitamente, cala in un’aula quando -a fine intervento- si chiede se ci sono domande.

    Ogni volta che ho ospitato all’interno dei miei corsi degli “estranei” (nel senso di non frequentatori della didattica) a parlare c’è sempre stato un momento (che nei casi fortunati è un momento, ma che nei casi disperati decreta la pausa caffè, dalla quale non tutti tornano) in cui ho visto apparire le immagini morettiane in cui si urlava “NO, IL DIBATTITO, NOOO!”

    Bene, ieri il collegamento con Alberto ha risolto l’imbarazzo.
    Ed ha anche fatto di più, ha comunicato energia e voglia di fare.

    La mia esperienza con gli studenti mi porta a dire che:
    se, da un lato è vero, che gli studenti di design hanno una fiducia nel futuro (che non deriva dalle reali possibilità lavorative, ma dal fatto che l’attitudine al progetto e la sua pratica portano inevitabilmente a immaginare la trasformazione del dato reale) maggiore rispetto a quella di altri studenti, è sempre pur vero che -spesso- desiderano “troppo” essere confortati nelle loro idee.

    Dico queste cose perché ieri è venuta fuori una “timidezza” nel volersi/doversi confrontarsi con le esperienze di un mondo più adulto.

    Ed è per la sua opposizione all’impaccio rispetto all’autonomia e alla validità delle idee (rispetto alla forza delle idee) che l’intervento di Alberto è stato GRANDE.
    grazie.

  2. marco
    7 dicembre 2008 alle 1:59

    caterina, grazie.
    anche a me le due ore con i giovani creativi di stefano hanno lasciato una bellissima sensazione di
    rottura, anche se scatenata con un po’ di fatica. alberto, bravissimo, ma credo che la sequenza,
    il teamwork (non premeditato) del professore che si mette con gli studenti, del ministeriale che è capace di autocritica,
    del musicista ceh ce l’ha fatta di colitavare una passione parallela per il cambiamento abbiano reso possibile
    un’esperinza divertente, interessante e formativa. per tutti, per me sicuramente.

    p.s. per me che la conosco, che ha un benchmark molto (ma molto) alto, un apprezzamento di caterina vale per dieci.

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