Le Entrate della Kublai a Regime: modello di business

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  • Iniziato da Tito Avatar di Tito

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    • Avatar di Tito
      Tito
      Keymaster

      Se condo me Kublai a regime non dovrebbe sostenersi attraverso un unica fonte di finanziamento, nè su una sola fonte pubblica prevalente.  Le possibilità principali che io intravedo, perchè inquesti anni ne abbiamo discusso sono: il fund-raising presso molte fonti private e pubbliche di entità medio-piccola, la vendita di spazi pubblicitari, la riscossione di qualche tributo dai membri, o dai progetti che arrivano a qualche forma di esito positivo.  Ciascuna di queste fonti ha i suopi pro e contro, ed è più o meno realistico che si materializzi.  E’ evidente che si può pensare anche di affidarsi a più di una di queste, o a tutte pro-quota.

      Qui possiamo sviscerare un pèo’ i pro ed i contro di ciascuna possibile fonte di sostentamento, e certo sarebbe utile che individuassimo altre possibilità. Ma forse una domanda ancora preliminare a queste qestioni è: quanto potrebbe costare all’anno una Kublai che ospita 1000 membri attivi e processa 100 progetti alla volta? Quanto, se i numeri ad esempio si decuplicassero?

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    • Avatar di Gianluca
      Gianluca Mei
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      Condivido l’idea di fondo. Oltre al valore delle persone che vi partecipano la mia percezione è stata che uno degli assi forti di Kublai sia la sua “legittimità” nell’essere soggetto di promozione (del territorio, di idee, …) svincolato da interessi privati.

      E quindi trovo in linea con questo una pluralità di fonti di finanziamento tale da non connotare un “possesso” di fatto da parte di nessuno.

      Questo in particolare se riferito alle Fondazioni, che potrebbero essere candidati probabili per delle sponsorizzazioni permanenti.

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
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      Mi ha incuriosito la recente acquisizione da parte di Guardian Media di Unltd World, che ha diversi punti in comune con Kublai (ma è rivolta agli imprenditori sociali invece che ai creativi). Se leggete l’articolo capite perché un’entità come GNM possa trovare interessante il gioco: gli imprenditori sociali creano contenuti e portano connessioni che GNM usa per tenere agganciato il loro “public services audience”.

      Io questa storia la vedo così: secondo me ci vorrebbe un’accordo di lungo periodo (cinque anni) con un finanziatore filantropico (fondazione bancaria, Fondazione per il sud o roba così) o, in alternativa, con qualcuno interessato a valorizzare l’attività core di discussione di progetti, come potrebbe essere Guardian Media nell’esempio britannico. Stiamo parlando di cifre molto piccole: una persona di segreteria/community staff a un giorno la settimana più l’hosting e poco più. A regime (cioè con molti più utenti e molti più progetti e una serie di attività di contorno di cui parlo dopo) il lavoro di assistenza reciproca sui progetti può essere in larga parte volontario.

      Incassato questo, ci vuole una struttura che abiliti i kublaiani a fare proposte usando il marchio Kublai. Vuoi fare un raduno di Kublai in Sicilia? Scrivi un progetto e cerchi risorse. Vuoi fare una serie di seminari sulle industrie creative, o un esperimento di “stanze comuni” virtuali tra Kublai e reti affini in altri paesi, come la stessa Unltd? Stessa cosa. A questo punto si crea un circolo virtuoso: i kublaiani possono creare progetti a partire da Kublai, e questi — oltre a realizzare i propri obiettivi — portano nuova energia a Kublai stessa. Tutto questo si può fare con una certa solidità, perché nello scrivere la proposta sai che Kublai, grazie al core funding filantropico, c’è e ci si può contare.

      Quanto ai costi, la domanda ha senso solo se pensiamo alle attività core, perché è chiaro che una roba come Kublai è modulare e può espandersi in mille direzioni. Io penso che i costi non medi, ma assoluti dell’attività core siano decrescenti al crescere degli utenti. Se riesci ad avere diecimila membri di cui mille attivi puoi fare quasi tutto comn il volontariato. Guarda i numeri di Wikipedia: tredici milioni di utenti registrati, duemila volontari core che fanno l’admin, cinquanta dipendenti. Mezzo milione di utenti ogni dipendente, e a inizio 2010 c’erano — solo nella versione inglese — 3,5 milioni di articoli, con quasi mezzo miliardo di edits!

      Quindi, la mia ricetta indicativa è fatta da tre elementi: (1) stabilità delle attività core; (2) volontariato; (3) abilitazione esplicita dei kublaiani a fare delle cose a partire da Kublai.

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    • Avatar di Tito
      Tito
      Keymaster

      Non mi convince. Wikipedia è una cosa che funziona più col pilota automatico rispetto a Kublai.  NOn riesco proprio ad immaginarmi i costi assoluti del tipo di coaching tra il psicologico ed il tecnico che facciamo noi decrescere in assoluto al crescere di membri e progetti. Il fatto che nessuno se la senta di sparare qualche numero a caso sui costi già mi sembra indicativo dell’incertezza in cui ci muoviamo. Il core di Kublai tu te lo immagini che fa solo la manutenzione di una piattaforma informatica. Bè questo io mi aspetto che non prterebbe nessun progetto ad un livello di confezionamento tale da poter essere licenziato da Kublai.  In altre parole, la piattaforma si trasformerebbe per me più in un luogo virtuale in cui giocare con le idee, e questa non è la creatività che abbiamo (che ho) in mente .

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
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      No, Tito, non parlo di informatica. Secondo me l’attività di coaching a regime va interamente in regime volontario, o quasi. Perché? Perché (1) il community staff collega i progetti con le persone che a quei progetti possono contribuire e (2) parte della consulenza può essere “imbottigliata” in pagine come la Guida del progettista, a cui faccio riferimento anche nei miei corsi universitari. Tieni conto che, a forza di concorsi per startup, le competenze sul business planning ormai si stanno diffondendo anche tra i creativi.

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    • Avatar di Alessio
      Alessio
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      ciao, argomento intrigante per cui sparo cosa mi è passato per la mente pensando al contributo da chiedere ai membri:

      se si implementasse un sitema di pay per post/upload che il progettista/team di progetto effettua sulla community e che comporta un feedback da parte dei specialisti della community?

      immagino costi minimi (€. 0,20) …. da gestire con un x  di crediti in prepagato…e magari la possibilità di ottenere crediti se si effettua una attività di coaching o quant’altro per la community.

      senz’altro si devono sviluppare i numeri per avere una dimensione della cosa…ma nell’ipotesi di una crescita X10, potrebbe essere un metodo che avvicina alla sostenibilità.

       

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    • Avatar di Gianluca
      Gianluca Mei
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      Nei (pochi) progetti con i quali ho interagito mi è sembrato che spesso i contributi più di valore, in quanto di indirizzo, metodo o “validazione” delle proposte, venissero dal community staff. Alla luce della vostra esperienza, che idea avete su questo ?

      Sinceramente credo che una grande spinta alla partecipazione su Kublai sia venuta dalla caratura dei vostri interventi, assolutamente di alto livello, che hanno motivato altri a partecipare. E quindi sono portato a pensare che se al crescere dei progetti aumenti il numero delle contaminazioni trasversali, resti comunque indispensabile il ruolo del community staff. Che dovrebbe essere legittimamente retribuito per poter garantire impegno e continuità.

       

      Allo stesso tempo sono convinto che la credibilità di Kublai sia nel disaccoppiare l’approvvigionamento finanziario da qualsiasi aspetto commerciale o di interesse nello sfruttamento dei progetti.

       

      Il pool “filantropico” di fondazioni mi sembra una vita non so quanto praticabile ma sensata.

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    • Alessio quello che descrivi, tolto il contributo del pay x post, mi ricorda molto il funzionamento di livemocha, che personalmente uso e trovo molto carino poichè stimola un efficace supporto tra pari.

      Era una cosa simile che avevi in mente?

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
      Partecipante

      Il pay per post comporta il rischio di inceppare l’etica del dono e della collaborazione. Il denaro naturalmente serve per tenere il motore acceso quando le dinamiche sociali endogene non bastano: per esempio, su Kublai in passato  c’è sempre stato il problema di fare ripartire la discussione dopo le vacanze di agosto. Però il mio istinto, per quello che vale, è di slegarlo dalla performance: ti pago per metterti in condizione di fare ciò che tu vorresti fare comunque. Non è un incentivo, ma la rimozione di un  vincolo.

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    • In linea teorica condivido l’aspirazione ad avere una moltitudine di fonti di finanziamento medio-piccole, è chiaro però che nella pratica questo si traduce in alti costi di transazione che andrebbero ad appesantire il budget dell’attività core.  Immagino che alcune sponsorizzazioni possano nascere grazie all’interessamento volontario dei membri della community, ma passata la fase dell’interesse iniziale sta allo “staff core” l’onere di chiudere il contratto e gestire successivamente le relazioni con il finanziatore.

       

      Quindi nella pratica io credo che sarebbe meglio ipotizzare di avere pochi finanziatori medio-grandi da gestire con accordi pluriennali (3 o addirittura 5 anni).

       

      Riguardo alle altre forme alternative ipotizzate la vedo piuttosto dura:

       

      - in base alla nostra (limitata) esperienza vendere spazi pubblicitari diventa remunerativo a partire dai 150-200.000 visitatori unici al mese: numeri molto molto superiori di quelli che fa oggi e che ha mai fatto Kublai.  Sotto queste cifre è più il fastidio che dai ai tuoi utenti che il beneficio di 15-20 euro al mese che ti porti a casa ogni mese.

       

      - discorso simile per le donazioni degli utenti: con 5.000 utenti iscritti credo sia difficile aspettarsi più di 100 – 200 euro medi al mese di donazioni.  

      Forse potrebbe aiutare immaginarsi delle forme divertenti simili a quelle che troviamo su kickstarter (qui un esempio: http://www.kickstarter.com/projects/1541803748/punk-mathematics).   In pratica si fanno dei pacchetti di offerta che partono da cifre molto piccole (es: 2 euro) e che poi salgono fino a cifre molto alte (nel link di esempio addirittura fino a 500 dollari) in cui si garantisce al donatore visibilità, riconoscenza e gadget sempre più personalizzati.

      Non so se per il carattere serio e istituzionale di Kublai può funzionare ma per CriticalCity forse sì.

       

      - l’ultima ipotesi di Tito era di chiedere qualcosa ai progetti che usciti da Kublai hanno avuto esito positivo.  Credo che la stragrande maggioranza di progetti che hanno “successo” una volta usciti da Kublai stiano economicamente in piedi quasi per miracolo e non credo che siano in grado di fornire un supporto economico significativo a Kublai.

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    • Avatar di Nicola
      Nicola Salvi
      Membro

      Sul Ning stiamo sulle 30.000 page views al mese

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
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      D’accordo con Augusto. L’unico prodotto che Kublai ha davvero è la connettività. Sono intrigato dalla monetizzazione di Unltd World (che non è molto più grande di Kublai, e a mio modo di vedere è molto più pasticciata) con Guardian Media; potremmo chiedere ad Alberto Nardelli (CEO di Unltd World) su quali basi viaggia quell’accordo.

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    • Vi propongo per “avvertimento” ,il progetto che ho inserito appena ieri, una partecipazione attiva nella logica di impresa sociale descritta all’interno del pdf che ho allegato al progetto.Potremmo stabilire un valore simbolico al contributo che kublai potrà dare all’opera-zione nel suo complesso, ringraziandovi con l’assegnazione di un corrispettivo in azioni socio-artistiche.

      Forse non è la soluzione al vostro quesito, piuttosto un piccolo contributo.

      Piacere

      Daniele

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    • Avatar di Walter
      Walter Giacovelli
      Partecipante

      Quello che dice Augusto sulla pubblicità online è verissimo servono numeri da oltre 100 mila visualizzazioni che Kublai non ha e comunque sarebbero insufficienti.

       

      Con Adora/Metafora pensiamo di costituire un network attraverso un widget/Ad in cui siano presenti sia impression pubblicitarie (filtrate su parametri di eticità e geolocalizzati) e attività (sempre geolocalizzate) beneficiarie di parte degli introiti. Questo network stiamo possa raggiungere in maniera agevole nei primi 6-12 mesi di attività diverse milioni di impressions, circuitando su vari siti, blog e community georeferenziate (con parte di queste avremmo già degli accordi informali).

       

      Questo si tradurrebbe in un fondo di revenue derivante dal circuito pubblicitario etico e georeferenziato, dell’ordine di decine di K/€ che sarebbero redistribuiti in piccole tranche di microcredito di circa 5000/10000 euro per progetti incubati in Kublai, che siano arrivati a una fase preselezione per il KublaiCamp ad esempio (15/20 progetti/anno).

      Si potrebbe prevedere anche una quota aggiuntiva per finanziare  gli elementi della community specifica del progetto che abbiano apportato maggiore valore. Mentre una quota determinata X sarebbe destinata allo staff. In pratica si avrebbe in base ad un certo numero di progetti selezionati, una raccolta fondi derivata dalle revenue del widget/Ad pubblicitario in ragione di una componente X fissa per lo staff, una componente Y fissa per il progetto, una compoenente Z redistribuita in base alle community progettuali su criteri qualitativi/quantitativi di feedback apportati. (ovviamente queste trattandosi di piccole somme, potrebbero essere commutate da parte del progetto beneficiario di tali feedback in gadget e affini). Penso a voce alta comuqnue….

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
      Partecipante

      Gianluca,

      nota di linguaggio: mi pare che tu ti riferisca non al community staff, ma ai coach di Kublai. Qui trovi una spiegazione dell’architettura di Kublai.

      La mia ipotesi è, semplificando, la seguente. Kublai, quando funziona al suo meglio, porta i membri della comunità a partecipare mettendo a disposizione ciò che conoscono meglio. Alcuni conoscono certi settori (io, per esempio conosco abbastanza bene quello della musica), mentre altri hanno competenze metodologiche. Per fare questo, c’è bisogno di persone che connettano ciascun progettista alle competenze di cui ha più bisogno, promuovendo la circolazione delle idee. Questo compito è stato affidato al community staff. Ai coach, invece, il compito di garantire un po’ di supervisione (in genere prevalentemente metodologica) per i casi in cui il peer-to-peer non funziona.

      Il motore del community staff è stato spento un anno fa, dopo il Kublai Camp 2009 (in questo post racconto la storia per come l’ho capita io). Questo ha fatto sì che l’interazione in peering, progettista su progettista diminuisse, sebbene lentamente: e quindi rimangono i coach a tenere in piedi la baracca. Ma naturalmente il modello con solo coach pagati non scala.

      Tanto per dire, da un punto di vista quantitativo nel primo anno i due terzi degli interventi fatti nel forum di progetto venivano da membri della community non pagati, e il rimanente terzo da coach E community staff. 

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
      Partecipante

      Io ho donato per punk mathematics. Però quel desgrazié non ha ancora finito il libro, ed è passato quasi un anno. Gli richiederei indietro i 20 dollari, va là. :-)

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    • Avatar di Walter
      Walter Giacovelli
      Partecipante

      Ah dimenticavo a proposito di Metafora, auguri a Matteo, kublaiano in pectore senza essere iscritto in Kublai.

       

      Ps: qualcuno potrebbe obiettare che siano cifre ottimistiche quelle che faccio per un network da avviarsi, in realtà nei primi 2-3 anni di start up, l’idea è di utilizzare servizi di terze parti (esempio google Ad sense, filtrato con parametri di contestualizzazione della comunicazione commerciale, su basi etiche e locali).

      Per quanto riguarda i numeri e le dimensioni del network, la massa critica che fa quei numeri già l’avremmo..

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