Intervista ad Antonio FIORE Critico Maccheronico

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      Mario Mangone
      Partecipante

      Antonio FIORE Critico Maccheronico
      Napoli 2006

      Mondonapoli è una delle strade maestre, a mio avviso, per andare verso quel rinnovamento sostenibile e mediterraneo di Napoli. In questo ambito l’enogastronomia e la ristorazione, i settori di cui mi occupo, ricoprono un ruolo, a mio avviso, potenziale importantissimo. Dico potenziale, perché nonostante la qualità del prodotto e la capacità di elaborarlo, la ristorazione napoletana in particolare, appare in questo momento stanca e povera di idee. Naturalmente le idee ed i progetti non nascono per decreto, semplicemente perché dieci o cento persone con qualche assessore si riuniscono e decidono di farla rinascere. Fare nuova ristorazione, per come la intendo io presuppone l’impresa. Ma l’impresa non è semplicemente la somma di uno spazio di proprietà o in affitto, dell’hotellerie, della cucina, del personale. L’impresa deve comprendere anche il sogno. In realtà nella società postmoderna, non abbiamo più tanto bisogno, parlo per l’occidente, poiché non tutta la situazione nel mondo è la stessa, visto che ogni mucca europea prende 5 euro di finanziamenti al giorno, mentre i due terzi dell’umanità vivono solitamente con 2 o 3 dollari, quando ce la fanno. Tornando a noi ed alla ristorazione, appunto non essendoci la necessità di sfamarci di cibo ,c’è necessità però di sogno. Ecco Il sogno, la fantasia, l’immaginazione anche a tavola, in tutto quello che è intorno alla tavola debbono essere al centro di questa impresa. Devono essere al centro sia con la ri-proposizione di antichi prodotti, attraverso nuove tecniche, sia attraverso l’elaborazione di un’oggettistica che possa, in qualche modo, cogliere il nuovo che arriva nei piatti. Tutte cose che potenzialmente, anche qualche volta con qualche episodio, ci sono, ma che non trovano un coordinamento, un’idea generale, quel fare sistema, altra espressione orribile, ma non me ne viene una migliore, che però spesso da noi si limita ad essere appunto una enunciazione. Dico questo perché sono stato l’anno scorso, con i miei associati nei Paesi Baschi, abbiamo visitato le eccellenze gastronomiche di quel luogo ed oltre a tutte le altre cose che mi/ci hanno stupito, c’era questa abitudine curiosa, per noi avventori di locali campani e napoletani, in ogni ristorante trovavi bigliettini, che anzi ti portavano a volte al tavolo, di tutti gli altri locali. Ecco questo è una maniera intelligente di proporre non solo se stessi, ma l’intera potenzialità di un territorio. Sono contento che tra qualche giorno ritroverò gli amici ristoratori baschi, insieme ad alcuni catalani e francesi e persino inglesi, in un incontro che avremo a Sant’Agata sui due Golfi, incontro dal quale spero di avere nuove suggestioni, ma anche se non l’avessi il suggerimento, l’idea che mi frulla da tempo nella testa è quella che Napoli deve e possa diventare un enorme palcoscenico una specie di mostra stabile delle eccellenze gastronomiche e della capacità di riproporle. Chef giovani incamminati su questa strada ci sono, forse non tanto a Napoli quanto in provincia. E’ l’ora che ci si risvegli e ci si unisca intorno a questa idea che può prendere corpo ed essere la novità nei prossimi anni, per portare avanti un discorso urbano, mediterraneo e sostenibile.

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