Intervsita a Maria Pia INCUTTI Direttore del Museo PLART-Napoli

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      Mario Mangone
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      Maria Pia INCUTTI Direttore del Museo PLART-Napoli
      16 Ottobre 2008

      Raccontare come questa sera, provo non a raccontare non la mia storia della mia vita, ma la storia di questo museo, di questo centro di ricerca perché nasce da un mia antichissimo progetto da collezionista. Io nasco collezionista d’avanguardia perché ritengo che il vero collezionista per chi fa l’avanguardia come me nell’arte contemporanea per intuire cosa potrà diventare in futuro oggetto di successo e di collezionismo. Io circa trenta anni fa capii che questo patrimonio che si stava disperdendo, attraverso i vicoli più deleteri e cioè attraverso la spazzatura ed altro dove si buttava questa plastica deteriorata. Questo patrimonio poteva essere invece considerato elemento di cultura ed ho cominciato a raccogliere in Italia , nei mercatini, ovunque, poi all’estero, in seguito nelle aste e poi attraverso un mercato molto selezionato, quello dei collezionisti che poi mano mano sono andati nel tempo ho cominciato a raccogliere questi oggetti di plastica, non potrei dire diversamente perché vanno tutti sotto un unico denominatore, la plastica con infinite variazioni e tipologie, per oggetti della storia del passato.
      La mia collezione inizia dalla metà dell’ottocento con pezzi di ebanite ed è proseguito fino agli anni cinquanta, lì mi sono fermata e credo di aver descritto attraverso la collezione, una via della plastica fino ai tempi più moderni, fino a che, un bel giorno un grosso scienziato, Natta, ha messo a punto i polimeri e da lì cambia tutta la storia della plastica. Contrariamente a quello che si può pensare la plastica ha una vita lunghissima, nella vita del tempo, ma brevissima in quella della sua forma estetica, perché dopo venti, venticinque anni, comincia ad ammalarsi ed infettarsi con virus particolari ed alla fine morire. Quindi nella necessità di salvaguardare la mia collezione e studiandola anche nel suo percorso deficitario, perché alcuni pezzi andavano persi, ho messo appunto parlandone con centri di competenza, quali la Federico II° con il Prof. Nicolais il quale mi ha sempre accompagnato in questa mia avventura con il CNR, ho messo a punto un progetto per studiare perché purtroppo in Italia c’è poco, un protocollo per la salvaguardia, la conservazione e quindi il restauro dei pezzi storici, non solo della mia collezione, ma delle collezioni che ormai si sono formate in Italia ed è diventato un vero patrimonio culturale. Quindi noi studieremo in un percorso di circa nove mesi, il restauro, la conservazione di oggetti d’arte in plastica nell’arte contemporanea e nel design, perché questo è un’altro problema gli oggetti di design nel giro di dieci quindici anni, gli oggetti incominciano a deperire, come il poliuretano, prima si cristallizzano e poi si polverizzano. Oggetti prestigiosissimi realizzati da grandi architetti contemporanei potrebbero trovarsi nelle discariche di Napoli. Ecco allora la speranza di mettere a punto un protocollo ed un kit di restauro, perché lavoriamo anche con una multinazionale americana la Belkinemme (?) per mettere a punto una procedura del fai da te che può essere utilizzata sia dal collezionista, sia dall’artista , sia dai musei o da tutti quelli interessati per salvaguardare il proprio patrimonio culturale. A proposito di questo a fine mese faremo un workshop internazionale dove saranno presenti grandi scienziati, esperti su questo problema specifico, lo studio e la conservazione della plastica, proprio per dare un segno a Napoli che ha bisogno di aprire le sue frontiere verso il nuovo e questo è un mio progetto completamente nuovo, perché è vero che c’è una parte museale, ma il cuore di questa realtà è la ricerca per la salvaguardia di un patrimonio nuovissimo che è quello della plastica.

      Perché questo workshop, che nasce con il PLART, dilatato nel tempo ed è per questo il motivo per cui è stato fondato una Fondazione affinché tutto questo, che nella mia modestissima persona ha creato posa avere una proiezione nel futuro, una protezione anche e questo lo spero, perché nello statuto della Fondazione questo problema, che oggi è di grande attualità e di grande apertura scientifica, in quanto accostata ad i centri di eccellenza della Federico II°, il CNR con i loro laboratori di ricerca, possa permettere al PLART ed a Napoli, perché no, questa avventura nel futuro, perché gli altri già sono entrati nel futuro, purtroppo, e noi siamo alla soglia, non sappiamo se dobbiamo saltarla questa soglia, oppure rimanere all’interno. Se rimaniamo all’interno credo ci sarà una grande chiusura, non ci sarà futuro non solo per Napoli, ma per l’intero Sud e quindi il PLART è una piccola fiammella che si accende per dire ai napoletani ed al mondo intero già proiettato: guardate che Napoli non è solo quello che esiste nella cronaca, che il tempo odierno racconta, ma Napoli ha tanti aspetti proiettati verso il mondo globale, si tratta soltanto di organizzarli e di recuperarli, di armonizzarli in un processo, in una pianificazione che ci possa permetter di creare un nucleo propositivo che si può confrontare con il resto dell’Italia, in un momento politico così delicato e quindi possa competere sul piano internazionale anche con la ricerca nella cultura, perché come nella bioingegneria Napoli è avanzatissima, gli scienziati napoletani ricevono premi in tutto il mondo e quindi perché non aggregare non fare una filiera culturale, in senso molto ampio, per potersi collegare come un sasso che si butta in un lago e formare delle onde che possano coinvolgerci e coinvolgere nel contesto napoletano, meridionale e nel mondo intero.

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