Intervsita ad Anna CORSI Coordinatrice Urban Lab di Genova

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      Mario Mangone
      Partecipante

      Anna CORSI Coordinatrice Urban Lab di Genova
      Intervista del 15 settembre 2008

      Cos’è Urban Lab? A cosa serve Urban Lab nel progetto dell’Amministrazione Comunale di Genova? Urban Lab potrebbe essere inteso come un qualcosa di molto piccolo e poco significativo, perché potrei rispondere semplicemente che è un ufficio del Comune di Genova; un settore che fa parte della struttura organizzativa dell’organigramma dell’ente, diretto da un dirigente, che in questo caso sarei io, nel quale lavorano una ventina di architetti, che sono quasi tutti dipendenti dal Comune di Genova. In realtà Urban Lab ha un compito piuttosto innovativo, nei confronti di quelli che sono gli uffici tradizionali delle amministrazioni comunali, perché il nostro compito è da un lato, quello di costruire il nuovo piano regolatore della città, quindi avanziamo una sorta di “ufficio di piano”, che ha la finalità di individuare tutti quelli che sono una serie di contenuti tecnici, contenuti amministrativi ed un domani anche contenuti normativi, di quello che sarà il nuovo strumento urbanistico. Contemporaneamente però Urban Lab sperimenta delle progettazioni, questa è la novità. Il fatto che in qualche modo noi ci vantiamo di poter unificare, di poter integrare, la progettazione urbanistica con la progettazione architettonica; vorremmo cercare di superare questo limite di scala, progettare ad esempio il “Porto Lungo” e contemporaneamente pensare alla riqualificazione della “Piazza” e questo lo possiamo fare solo se ci diamo un forte metodo di lavoro, cioè se tutte queste ipotesi di progettazione, che vanno dalle infrastrutture, alle reti ambientali, alle reti culturali, sono in qualche modo tra loro collegate; cioè se esiste una struttura che rappresenti la base del piano. Poi su questa struttura posso incrementare tutti gli sviluppi progettuali che mi vengono in mente. Ad esempio posso individuare tutte quelle aree più importanti e significative, posso pensare per i progetti più piccoli ai più grossi. Comunque è importante che esista una struttura che costituisca la base di questo territorio. Il compito dell’Amministrazione che ha creato quindi questa struttura dell’ Urban Lab è quello di superare, quelli che sono i limiti di una qualsiasi struttura, di tipo comunale di tipo amministrativo ed ha scelto come advisor l’Arch. Renzo Piano, che è stato l’ispiratore delle nostre idee, delle nostre previsioni, di quelli che sono i progetti, dai più grandi ai più piccoli, dalla progettazione del “Porto Lungo”, come dicevo, alla progettazione della “Piazza”. Cioè Renzo Piano è stato colui che soprattutto ci ha fatto pensare di diventare quello che noi volevamo diventasse la nostra città. Alla figura di Renzo Piano si sono poi affiancati una serie di soggetti ed esperti provenienti da varie parti del mondo. Abbiamo avuto contatti con l’architetto Rogers , con l’Arch. Amanda M. Burden (Chair of the City Planning di New York) e con l’Arch. Bohigas che ci ha dato degli importanti suggerimenti, soprattutto per quelli che riguardava i progetti degli spazi cittadini, avvalendosi dell’importante esperienza che ha avuto a Barcellona.
      Il nostro lavoro si articola su più fasi, noi prevediamo, circa una volta al mese, degli incontri che noi chiamiamo “tavole delle idee”, cioè in questo tavolo delle idee ed oggi se ne è svolto uno, è presente la parte politica dell’Amministrazione nella figura del Sindaco ed eventuali Assessori competenti. Ad esempio quando si parla di infrastrutture, c’è l’Assessore alle Infrastrutture, quando si parla di cultura c’è quello alla Cultura e così via e sono presenti anche i direttori delle strutture comunali, che collaborano con noi. Talvolta vengono invitati esperti che affrontano una serie di tematiche, possono essere esperti sulle tematiche energetiche. Per esempio abbiamo avuto al “Tavolo delle idee”, tutte le aziende erogatrici di energie, pensando, ipotizzando di creare una sorta di piano energetico, che riguarda tutto il territorio comunale e quindi creare una specie di patto, che in qualche modo si possa firmare tra l’Amministrazione Comunale gli enti come la Regione, la Provincia e le aziende fornitrici di energia.
      Questo “tavolo” è il momento in cui produciamo idee, sospendiamo quello che è il lavoro tipico dell’architetto e produciamo delle idee, quindi individuiamo quelli che sono gli obiettivi da raggiungere, le linee strategiche di quelli che sono i progetti su cui cimentarci, su cui sperimentare le nostre progettazioni. Finito il “Tavolo delle idee”, gli architetti che lavorano nell’Urban Lab cominciano veramente a lavorare, mettendo in pratica queste idee, gli input che provengono da queste componenti culturali, professionali dei grandi architetti, più quello della conoscenza di tutti i direttori e di tutti i politici che fanno parte dell’amministrazione a produrre a sperimentare nel proprio lavoro, nella propria progettazione. Negli incontri successivi poi questi progetti vengono rivisti, vengono verificati e così si va avanti. Cioè lo scopo è quello di passare dalla scala grande, alla scala piccola, non spaventarsi di questi passaggi di scala, di cui mi rendo conto non sono propri di quello che è un procedimento normale di formazione di un piano regolatore tradizionale. Dopo questi “Tavoli delle idee” avvengono appunto degli incontri dei vari dirigenti delle amministrazioni comunali, che mettono a punto le loro strategie, il loro lavoro per sviluppare quello che è stato individuato dal “Tavolo delle idee”.
      Quindi il compito di Urban Lab è anche quello di fungere come struttura trasversale all’Amministrazione Comunale, nel senso di metter insieme gli apporti dei vari settori, dei vari uffici ed addirittura degli enti esterni. Come dicevo la collaborazione con l’Autorità Portuale è diventata indispensabile come lo è stato con le Ferrovie, così come è indispensabile la collaborazione con le Autostrade e l’Anas. Quindi il nostro compito è proprio quello di fungere da collegamento da coordinatore di tutte queste diverse istanze. Nell’ambito di Urban Lab convergono anche una serie di figure istituzionali, molto importanti, che sono giovani architetti, quasi tutti da poco laureati, o che comunque stanno facendo dei master o stanno facendo dei tirocini da dopolaurea, che vengono da diverse università del mondo. Questa è stata un’esperienza molto bella, molto significativa per noi, perché voi sapete che Genova è una città un poco chiusa, tutti ci conoscono per essere una città abbastanza riservata, un poco immobilista, cioè questi sono un po’ gli aspetti che possiamo chiamare difetti della nostra città e comunque aspetti tipici del nostro carattere. Il fatto di aprire un’esperienza di lavoro, che usualmente è un’esperienza che è svolto da personale tipico di un’ammnistrazione comunale, quindi tutte persone che magari stanno lavorando da vent’anni nel comune, abituate ad una certa mentalità, ha dei confronti con architetti, ad esempio come adesso, abbiamo due architetti giapponesi, due che vengono dalla Russia, un altro che viene dall’Irlanda, quindi sono tutte persone giovani che hanno delle esperienze molto diverse ed è stato una cosa molto significativa, e lo è stato non solo per i giovani che sono venuti qui a fare la loro esperienza di studio di lavoro, ma è stato significativo soprattutto per noi, perché prima di tutto ci siamo accorti che ci sono delle realtà diverse, delle formazioni, dei modi di pensare che sono stati molto utili per i nostri confronti. Quindi questa è stata un’esperienza molto bella, che ha secondo me arricchito moltissimo il lavoro dell’ Urban Lab. Inizialmente queste figure erano state viste in fondo con una certa diffidenza. Mi ricordo i primi incontri con la popolazione che stupiti guardavano questi architetti, giovani giapponesi, che progettavano il centro storico di Genova e si chiedevano ma chissà cosa ci fanno, noi siamo bravissimi, sappiamo già tutto noi, non c’è bisogno di progettare o di chiamare dei giapponesi per progettare il centro storico ed invece poi confrontando questi lavori, questi modi di pensare e soprattutto collaborando, creando dei gruppi di lavoro misti, sono emersi dei gruppi visuali, che noi avevamo un po’ dimenticato. Ad esempio mi ricordo quando eravamo sulle mura del centro storico, questi ragazzi ci hanno fatto notare come dall’alto nel nostro centro storico esistevano una serie di canali, visuali di possibilità di collegamento con il mare, che per loro era una cosa quasi inconcepibile, perché dove vivono loro percepiscono il mare come aspetto sensitivo, come odore, come vista, non esiste e loro apprezzavano moltissimo questo aspetto. Quindi abbiamo iniziato a pensare e valorizzare questi aspetti nei progetti, che in qualche modo ci facevano rilevare loro. Pensiamo di continuare in questo modo, ovviamente non è semplicissimo, perché coordinare persone che hanno anche difficoltà con la lingua a diversi livelli di preparazione, non è una cosa molto semplice, però devo dire che è una cosa molto gratificante e produttiva per noi.

      La città di Genova ha avuto diverse fasi nel proprio sviluppo, che sono segnate dalla presenza di tre piani regolatori che in qualche modo hanno visto il passaggio da una politica che è quella dell’ industrializzazione ad una un’altra politica più legata prevalentemente allo sviluppo sostenibile. Il Piano regolatore oggi vigente, che è stato approvato nel 2000 ed ha avuto un periodo di formazione molto lungo, è un piano nato dalla cultura della “zonizzazione”. Direi che è un piano prevalentemente incentrato sulla conoscenza analitica del territorio della città e soprattutto incentrato sull’individuazione di aree e di zone che vengono normate con indici molto precisi e con normative di tipo prevalentemente di tipo quantitativo, con indicazioni di carattere infrastrutturale, che legano queste aree e queste parti della città. Ad esempio si può vedere come questo piano abbia suddiviso il territorio in tante parti, ognuna delle quali è dotata di una sua specifica normativa. Quando si è insediata la nuova amministrazione comunale, il suo intento è stato quello di recepire dal vecchio piano regolatore, quella che era la parte prevalentemente di conoscenza del territorio, la parte analitica, profondamente di dettaglio, di quelle che sono gli aspetti strutturali del territorio e di superare invece questo aspetto della zonizzazione, prevedendo un piano che avesse un carattere maggiormente strutturale. Quindi a distanza di quasi dieci anni della formazione del vecchio piano regolatore, l’amministrazione si pone il problema di rivedere questo piano, sicuramente di non buttarlo via, di salvare quegli aspetti che sono ancora attuali, che sono ancora significativi, che riguardano la conoscenza dello stato di fatto e di pensare invece ad un nuovo modo di studiare il territorio e di progettare il territorio. Un piano dove la differenza tra urbanistica ed architettura, non sia più sentita, cioè si possano utilizzare per la costruzione urbanistica del territorio, quelli che sono anche i metodi della progettazione architettonica, dove appunto ci sia questo passaggio tra architettura ed urbanistica e di nuovo tra urbanistica e di nuovo architettura.
      L’obiettivo qualè’? E’ sicuramente un obiettivo di sviluppo sostenibile della città, che nasce prevalentemente dalla consapevolezza della posizione di Genova nell’ambito delle reti europee. Oggi Genova si trova, o meglio Genova si ri-trova da sempre in una posizione molto significativa ed importante nel mediterraneo, ma lo stesso disegno che l’Europa ha creato per le proprie reti, per i propri canali infrastrutturali, in qualche modo potenzia questa vocazione della città di Genova e la potenzia nel momento in cui la possibilità dei traffici del porto, di collegarsi con quelle che sono le reti importanti, come la rete del “Corridoio 24”, la rete del “Corridoio 5” , quindi la rete che collega il mediterraneo con Anversa e la rete che invece collega Lione e Lubiana, che sono la struttura importante dell’Europa e fanno di Genova un importantissimo fulcro di questo sistema. Questo cosa significa? Significa vedere la città non più implosa e concentrata dentro se stessa, ma vederla collegata ad un sistema metropolitano, ad un sistema europeo ad una visione appunto metropolitana della città.
      Questa è la parte che ci mancava nel vecchio piano regolatore, questa consapevolezza di quelli che sono gli aspetti della struttura del nostro territorio e del collegamento che è il contesto del nostro territorio. In questo senso su questo obiettivo s’innesta l’idea di sviluppo del porto, perché in un sistema europeo di questo genere non è assolutamente pensabile che il porto possa vivere come ha vissuto in passato sulle proprie rendite di posizione. Ma bisogna pensare ad un’innovazione nella sue realtà produttive,imprenditoriali nei sistemi di trasporto, delle infrastrutture ecc. Quindi contemporaneamente un’innovazione che possa in qualche modo garantire in qualche modo una qualità di vita, per le persone che abitano nella nostra città. Cioè questo sviluppo infrastrutturale e portuale deve andare di pari passo con il miglioramento degli spazi, del miglioramento della qualità ambientale, deve offrire a chi vive nella città delle condizioni di vita migliori.
      Ricordiamo che in passato Genova è stata soggetta ad uno sviluppo di tipo produttivo molto importante, l’attività più importante che ha rappresentato il fulcro della città è stato l’attività delle acciaierie e della siderurgia, ancora adesso esiste un grosso complesso di siderurgia, nel Corigliano, e pur essendo in forte trasformazione, perché ha abbandonato tutta la siderurgia a caldo, è rimasta la parte a freddo. Comunque sul mare della città si trova un grosso insediamento di carattere produttivo che è molto significativo e che la popolazione in qualche modo ha dovuto accettare, ha digerito con una certa difficoltà. Questo cosa significa? Da una parte appunto ricostruire un miglioramento della vita degli abitanti della città, pensando ad uno sviluppo che si integri sempre più con questo miglioramento della qualità di vita. Quali sono gli obiettivi?
      Il primo obiettivo di sviluppo del porto è concretamente quello della realizzazione di un “Porto Lungo”, in qualche modo il nostro porto ha saturato tutti gli spazi. Noi possiamo pensare a migliorarlo, a razionalizzare gli spazi esistenti, ma non possiamo pensare di interrare il mare davanti alla città. Quindi lo scopo è quello di uno sviluppo del porto che si colleghi con tutte le aree che ritrovano al di là degli Appennini. Genova è una città compressa tra mari e monti, è una città che ha pochissimo spazio, perché si è sviluppata in uno spazio molto limitato e quindi non può pensare di espandersi sul mare, per recuperare quello spazio che non avrà mai. Quindi l’obiettivo oggi della città e dell’amministrazione comunale ed anche dell’Autorità Portuale è quello di pensare a potenziare il sistema delle infrastrutture, prevalentemente quelle ferroviarie, e quindi di collegare le aree portuali che si possono trovare al di là degli Appenini, nel basso Piemonte, o aree pianeggianti collegate con le reti infrastrutturali, con le quali sviluppare un polo di carattere logistico dove poter spostare delle funzioni importanti di tipo portuale: cioè che il nostro porto, si prevede, possa espandersi in Piemonte.

      Questa è una visione molto innovativa secondo me, perché è una visione che supera i confini amministrativi, che sono quelli che l’urbanistica ha sempre preso in considerazione. Vuol dire fare un piano regolatore, che non può prescindere dall’intrecciare delle intese dei collegamenti, non solo con i comuni che stanno vicino a Genova, ma addirittura con le regioni che stanno oltre Genova. Questo è un aspetto molto importante per quello che riguarda il disegno della struttura del piano ed è un’aspetto che non può non comportare la presenza della realizzazione del “terzo valico”. Quello che è importante per Genova e che la nostra Amministrazione ha sempre propugnato la realizzazione del “terzo valico” ferroviario, ovvero di quel pezzettino di ferrovia di 54 km. che collega Genova con il Piemonte. Guardate che questo pezzo, che si tratta di una galleria di 54 km. è fondamentale, perché Genova possa realizzare il proprio sviluppo portuale ed il proprio sviluppo cittadino, perché vuol dire collegarsi con le reti europee, senza questo collegamento che avviene su ferro e quindi collegamento delle merci del porto. Non è possibile che la città possa competere con le altre città del mediterraneo e non è neanche possibile che la città possa migliorare la propria qualità di vita, perché l’obiettivo è proprio quello di passare da un traffico su ferro, che oggi non supera il 20% delle merci, ad un traffico che possa arrivare fino al 50%. Questo vuol dire liberare l’autostrada dai traffici merci e dai tir, questo vuol dire liberare la viabilità cittadina dai camion e da altri traffici e ciò è molto significativo.
      Quindi il motivo per cui l’Amministrazione ha creato questa struttura Urban Lab è proprio quella di elaborare una serie di strategie che partendo da questo obiettivo, costituissero la base del nuovo Piano Regolatore. Per circa sei mesi abbiamo lavorato individuando principi e strategie. Si può pensare di aver perso tempo, invece è stato molto importante questo aspetto, posso enunciarne alcuni.
      La città di Genova è stata vista come un organismo delimitato da una linea verde che delimita il territorio verde, cosa vuol dire questo? Vuol dire che noi abbiamo dei monti, abbiamo un territorio molto verde, che è stato nel passato aggredito dalle edificazioni, spesso molto degradato, oggi talvolta è in stato di abbandono e che lo scopo è quello di delimitare quel confine, al di là del quale la città non deve più espandersi con questi principi di disaggregazione, che aveva avuto nel passato.
      Un’altra linea, che è stata individuata, è la linea blu, che è quella linea che rappresenta il rapporto tra la città ed il mare. Se andiamo a studiare questa linea troviamo una serie di caratteristiche, molto diverse, che si sviluppano lungo il litorale, ma purtroppo troviamo dei lunghi tratti del litorale in cui il rapporto tra città e mare si è perso, in cui si cerca di ricostruire questo rapporto, che può essere di semplice visibilità, di accessibilità, di fruizione, quindi numerose possono essere le accezioni che sono state studiate nel rapporto tra città e mare. Ma l’obiettivo di questo studio è proprio quello di ricostruire questa stretta connessione.
      All’interno di queste due linee, la linea verde e la linea blu, si sviluppa quello che sarebbe il territorio costruito e dentro questo territorio costruito, una quantità di risorse, che sono ancora oggi fortemente trascurate, che sono le aree dimesse, che sono le aree ferroviarie non utilizzate, che sono la aree dei servizi, che non sono ancora stati attuati ed hanno il vincolo decaduto, che sono le aree destinate attualmente agli edifici di culto che non sono stati utilizzati. Cioè tutto un patrimonio che, effettivamente, può costituire una risorsa per il recupero, per una riqualificazione e per una situazione di crescita che implode dentro la città, cioè la crescita avviene trasformando la città. Questo significa allora individuare dei punti, dei nodi territoriali, delle aree particolarmente significative, nelle quali sviluppare una sorta di zoom progettuale. Abbiamo provato sulla base di queste strategie e sulla base di quelli che erano i disegni strutturali più importanti, che costituivano il fondamento del nuovo piano e della nostra città e cioè il terzo valico, la nuova autostrada, ipotesi di creare una linea ferroviaria metropolitana. Su tutti questi aspetti strategici siamo entrati in alcune parti del territorio, che rappresentano i nodi di questo sistema di reti culturali e strategici con dei tentativi di progettazione. Cioè noi riteniamo che prima di porre degli indici, prima di individuare le funzioni, si possa provare a progettare, questo non vuol dire che l’amministrazione debba sostituirsi al privato o debba progettare da sola tutto il proprio territorio. Però non vuol dire neanche, come è avvenuto per il passato, che spesso l’amministrazione debba subire delle proposte private, che sono talmente confezionate, che poi diventa difficile in qualche modo smembrarle modificarle, perché mancano proprio i presupposti per capire dove si vuole arrivare, cosa si vuole fare in quella parte di territorio. Quindi il tentativo è stato quello di individuare delle aree importanti, spesso aree oggetto di riqualificazione, aree dimesse, aree con mix funzionali, aree che avevano problemi infrastrutturali, problemi ambientali, gravi bonifiche e provare a fare una progettazione su quest’area. Questa progettazione che è arrivata quasi ad un piano volumetrico, come in alcuni casi, ci è servito per sperimentare la concretezza di alcune iniziative, cioè capire quali erano i limiti entro cui si poteva intervenire, quali erano le principali condizioni e caratteristiche ambientali che dovevamo rispettare quelli che erano gli allineamenti, le visuali, gli aspetti infrastrutturali di determinate parti del territorio. Cioè noi siamo partiti dalla progettazione, per poi dalla progettazione sintetizzare gli elementi di questa progettazione ed arrivare ad individuare,le funzioni più importanti, gli aspetti strutturali più importanti e cioè dalla progettazione alla norma. Quindi la norma attiva è stata ricostruita dal progetto, quindi partendo dal progetto abbiamo sintetizzato quelli che erano gli elementi imprescindibili di questo progetto e da esso abbiamo tratto degli schemi normativi degli schemi tipici di un piano regolatore. Questo ovviamente è un approccio molto complesso che implica, anche nel corso della costruzione di questi progetti, progetti-norma diciamo, una partecipazione diretta dei soggetti interessati, che non sempre hanno visto di buon grado questo diverso approccio di pianificazione, perchè è molto più semplice arrivare in Comune e presentare un progetto già bello concordato e confezionato. Però è stato un’esperienza positiva, perché coinvolgere i soggetti privati che sono gli imprenditori interessati a determinate aree, ha portato alla fine ad un progetto concertato e condiviso.
      Contemporaneamente stiamo avviando molte forme di partecipazione con la popolazione, in primo luogo avvalendoci dei municipi e quindi avvalendoci di quelle forme di comunicazione e partecipazione, che i municipi consentono nei confronti di quella gente che abita in questi posti. Secondariamente con dibattiti pubblici, incontri con comitati e così via. Quindi diciamo che realizzare, studiare queste ipotesi progettuali è servito per confrontarci poi con la realtà del territorio, della gente, dell’imprenditoria, con la realtà economica, fino anche a rivedere a volte alcune delle nostre posizioni . Secondo noi tutto ciò è tutt’ora una esperienza molto importante ed è appena iniziata, perché siamo a tre , quattro, le aree in cui siamo arrivati ad un livello di definizione molto preciso ed anche concordato con i soggetti . Esistono poi tutta una serie di altre aree, un’altra decina di aree che sono quelle più significative per la nostra progettazione, alcune delle quali sono molto importanti perché riguardano la cantieristica, la Fiera del Mare, quelle che riguardano tutte le aree che fanno parte del waterfront e fanno parte del porto di Genova che sono oggetto di trasformazioni. Anche in questo caso molto significativo è stato il rapporto, e lo è ancora, con l’Autorità Portuale. Cioè fino ad ora il piano del porto e quello della città erano due strumenti assolutamente separati tra di loro. Nell’iter della loro approvazione si erano confrontati, chi ha approvato il piano della città ha controllato che fosse compatibile con il piano del porto e viceversa, ma questi strumenti viaggiavano per due vie assolutamente differenti l’una dall’altra, in qualche modo si interveniva per modificare eventualmente questi strumenti solo nella fase finale per l’approvazione. Oggi invece l’amministrazione del porto e quella della città ha l’intenzione di lavorare insieme, quindi di partire non solo nella fase burocratica approvativa, ma a partire dalla fase di progettazione. Quindi noi come architetti dell’ Urban Lab siamo incaricati di studiare alcune progettazioni nell’ambito portuale e questo è molto significativo, perché questa divisione che c’è sempre stato tra porto e città si cerca di superare in qualche modo. L’obiettivo è in qualche modo di integrare i progetti del porto con progetti della città. Proprio oggi nella riunione che abbiamo avuto con l’architetto Piano, abbiamo individuato una serie di idee progettuali che riguardano delle aree filtro tra porto e città, in particolare proprio ad esempio vicino alla Fiera del Mare, dove c’è un grande piazzale, che si chiama Piazzale Kennedy, attualmente poco utilizzato, temporaneamente come parcheggio, come luna park , si cerca in quest’area di ricreare un collegamento, un filtro tra il quartiere fieristico e la passeggiata al mare di Genova: Corso Italia.
      Quest’area diventa un filtro tra l’assetto naturale della costa è quello che è un assetto più artificiale, che possiamo immaginare come il quartiere fieristico. Quindi lo scopo è proprio quello di creare questa integrazione e su questo non possiamo fare altro che lavorare con l’Autorità Portuale, perché, diciamo in qualche modo, esistono delle esigenze duplici da parte del porto e da parte della città di riqualificazione di quest’area.
      Un altro tema che abbiamo affrontato è quello dei “Piccoli Progetti”, in realtà non sono dei piccoli progetti, ma sono comunque progetti urbani prevalentemente relativi a spazi urbani, a viali, a strade a piccole parti della città, che sono molto significative per i quartieri, per i municipi, per quei quartieri che hanno bisogno di riqualificarsi e di raggiungere un buon livello di riqualificazione.

      A questo punto direi di aver tracciato i vari momenti e le varie fasi dello sviluppo di questo lavoro che è appena iniziato ed è molto lungo, poi ci saranno tutta una serie di fasi e questo lavoro dovrà mutare, dovrà collegarsi ad altro.
      Sicuramente quello che è emerso da tutto questo lavoro è proprio questo atteggiamento, che la città sta incominciando ad assumere, che è quello di uscire proprio fuori dai propri confini e quindi avviare questo confronto con altre realtà territoriali, che può essere confronto tra esperti che lavorano insieme, ma anche il confronto che nasce con altre amministrazioni, che nasce ad esempio nel confrontarsi su progetti europei, che nasce nel partecipare a gruppi di lavoro come questo di Mondonapoli, che è molto importante perché ci fa capire come tutti facciamo parte di un sistema che è il sistema del Mediterraneo, che in realtà esiste. Cioè non siamo dei pezzi separati, cioè questa mediterraneità è qualcosa di molto forte, perché si manifesta magari in ognuna delle città in maniera differente, ma che è un denominatore comune fra le nostre città. Esiste sotto il profilo urbanistico, trasportistico, ma esiste soprattutto sotto il profilo della cultura, dell’arte, della letteratura. Cioè esistono dei collegamenti, per quanto diversi, noi possiamo quindi essere probabilmente quello che dovrà essere il futuro, dovrà essere indirizzato verso una maggiore collaborazione ed intesa di costruzione di un lavoro, cioè di costruzione di un lavoro di ciò che può essere una pianificazione di lavoro strategica delle città, che sono polari per il mediterraneo e che in qualche modo collaborano alla creazione di questo sistema del mediterraneo.

      In questo senso si può dire che il progetto Mondonapoli coglie secondo me proprio questo aspetto di rete che è oggi la base della pianificazione delle città europee. E’ la base della pianificazione europea che vede il territorio d’Europa come un insieme di reti ed è alla base anche della pianificazione strategica delle città, che oggi stanno sviluppando i propri piani regolatori, che stanno pensando ai loro nuovi ruoli, che stanno cercando di superare i loro confini per collegarsi appunto a quello che c’è nel loro intorno. Quindi la presenza di questi rapporti che si vengono a creare con Milano, con Torino, con Venezia e poi con alcune città del sud, in particolare con Napoli, che rappresenta un po’ il polo di questo mondo mediterraneo del sud è particolarmente significativo, proprio perché in qualche modo la rete mediterranea diventa una rete che è molto significativa, se intrecciata, se collegata, se ognuno di questi poli acquista una propria specializzazione nell’ambito di questa rete. Se segnalano una propria identità queste città non competono fra di loro e quindi anche il nord ed il sud non competono tra di loro, diventano parti di un organismo che è molto significativo e che comunque l’Europa non può che riconoscerle, come un aspetto molto importante, perché la rete europea e non solo un’ossatura che attraversa, mediante strade o ferrovie, ma anche una presa d’atto di quelle che sono i collegamenti che si svolgono nell’ambito del mediterraneo.

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