Incontro al Bensone, ecco le slides

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  • Incontro al Bensone, ecco le slides
  • Iniziato da Alberto Avatar di Alberto

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      Alberto
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      Ecco le slides in formato PDF. A caldo, mi sembra di potere dire che il modo in cui ho provato a raccontare questa storia, cioè “Tempi duri per gli innovatori, facciamo un’alleanza per l’innovazione tra un settore del Comune e spingiamo l’ideologia dell’innovazione” NON sia stata validata dai creativi. Dico questo perchè (1) la partecipazione non è stata molta – ho visto più interesse da parte dei funzionari comunali che da parte dei creativi – e (2) non mi è parso di vedere tutta questa voglia di spingere un’agenda innovativa. Vediamo se qui sul gruppo di CITIES raccogliamo qualche altra suggestione interessante.

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    • Strano…il feedback veloce che mi ha dato stamattina Matteo era invece di entusiasmo!

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    • Buongiorno,

      io non ho assistito alla presentazione perchè ho avuto un problema da risolvere un po’ urgente. Quindi, grazie per averla postata così tempestivamente.

      Per quanto riguarda ieri sera, devo dire che – a parte la scarsa partecipazione – io ho constatato una gran voglia di condividere e proporre sul progetto. Dalla mia parte della tavolata a cena abbiamo discusso molto.
      Aspetto le proposte di ludovica sul piano di lavoro da qui a settembre e metto a disposizione, sin da ora, il mio spazio teatrale (http://www.teatrodeiventi.it) per il prossimo incontro di CITIES. Non è centrale come Bensone, ma si trova parcheggio e siamo gente simpatica:

      Baci a tutti!

      Michela

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      Alberto
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      E di entusiasmo c’è bisogno, mio caro. Vediamo se Matteo, Mattia di Fuse (so che è vostro amico, mi ha fatto un’ottima prima impressione) e gli altri creativi di CITIES ci danno qualche buon feedback.

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    • Si, Mattia e Luca di Fuse sono bravissimi…se si riesce a Matera si faranno cose insieme!

      Come mi diceva stamattina Matteo: dobbiamo (noi di Kublai e Cities) costruire una nuova scena dell’innovazione in Italia! Si può fare!

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    • Scrivo sotto l’impulso di una personale urgenza, che spero rifletta in qualche modo quella delle persone che c’erano ieri sera all’incontro di CITIES e anche di quelle che avevano altro da fare. E anche perchè con buona pace di tutti trovo più agevole scrivere a tanta gente, sono un po’ timida ;).

      Riflettendo su quanto detto e anche sulle mie reazioni infatti mi sono accorta che fondamentalmente mi sono sentita in una situazione paralizzante e demotivante (nella prima parte, dopo lo spostamento ai Fusi Orari ha preso il sopravvento invece quello che è bello e giusto che sia, la conoscenza personale e la condivisione di esperienze…)

      Dicevo, come se da un lato ci si dicesse “I creativi siete voi, inventate qualcosa, ora ce n’è l’occasione: di realizzare l’impulso primo che ci spinge nel nostro lavoro (e nei sacrifici che ne derivano), ovvero dare valore al territorio, migliorarlo, fare qualcosa per renderlo più brillante, vitale, distribuire bellezza”.

      Ma anche “Dovete avere un’idea geniale, che riunisca ciò che è frammentato e che crei economia – e ideologia (…) – laddove sono tempi duri per i creativi”. Mi sono cioè sentita un po’ come in una situazione di selezione naturale per l’evoluzione di qualcosa che ha in sé il destino – o non ce l’ha, quindi pace – di trovare una grande mente, un grande trascinatore, un inventore, un Rifkin delle economie della cultura modenese. Fondamentalmente trovo molto fastidiosa questa cosa, e non giusta. I progetti “necessari” si possono costruire anche da una base aggregata di persone che mattoncino dopo mattoncino costruisca qualcosa di utile, che risponda a un bisogno.

      Riassumo violentemente ciò che ho provato, lo sto ovviamente semplificando, ma questa vuole anche essere una provocazione…

      Perché questa occasione non diventi invece una occasione di suicidio di progetto di una vita migliore e tempi meno duri per i creativi a Modena, per come la vedo io, si potrebbe individuare i bisogni reali del territorio e cercare di rispondere ad essi. Sul serio.

      Se posso permettermi di riassumere:

      - Bisogno di concretezza (sono convinta che appena il gruppo si lancia su un progetto che realizza qualcosa di concreto altre persone si aggregheranno spontaneamente). Ognuno di noi è una rete, e se ognuno di noi fosse davvero convinto che c’è trippa per gatti saprebbe perfettamente chi coinvolgere…

      - Bisogno di identità (se viene fuori tutte le volte l’urlo primigenio, “si ma noi, chi siamo????”, un problema di chiarezza evidentemente c’è, e forse è uno dei motivi della poca partecipazione). Forse andrebbe formalizzata, dichiarata, in modo che se vedo CITIES per la prima volta dico, si io c’entro, io no, io non so ma chiedo e so dove chiedere.

      - Bisogno di lavorare (rendere esplicita la rete, conoscere le risorse del territorio, mettere insieme le persone, creare lavoro: non è altro che un’innovazione di processo)

      - Bisogno di guadagnare (su questo non faccio commenti se non che le persone che lavorano nella cultura, nella creatività spesso si vergognano di voler guadagnare…ma questo è una contraddizione!!! se no non sarebbe lavoro no? questo è un nodo più o meno inconscio su cui non si riflette mai abbastanza)

      - Bisogno di conoscere (conoscere le altre persone per ampliare le occasioni di lavoro e per valorizzare le proprie competenze; conoscere le opportunità anche oltre Modena, best practices nazionali e internazionali)

      - Bisogno di riconoscimento

      - Bisogno di comunicazione (che Modena sappia!!! e che anche gli altri lavoratori in campo sappiano, magari ne esce qualcosa di nuovo unendo X e Y….)

      - Bisogno di essere presi per il colletto e coinvolti (sindrome dell’orticello molto lamentata e molto radicata anche tra i creativi…)

      Perdonate la banalità del tutto, ma sto cercando di rimettere insieme i pezzi.

      Ordunque, cosa potrebbe rispondere a questi bisogni? domanda da un milione di dollari. Riflettendo penso che fondamentalmente la cosa si strutturi su due livelli, che rispecchiano anche i due “rami” in un certo senso in cui lavorano i creativi (anche se mi è sempre più antipatico questo termine). I bisogni di cui sopra si declinano in modo in parte diverso, a seconda.
      - Gli eventi sporadici (alla Festival della Filosofia per intenderci)
      - Le attività continue (alla laboratorio di grafica ad esempio)

      Quello che mi viene in mente come una possibile risposta è (e in questo mi contraddico rispetto a quanto ho detto nell’intervista):
      trovare uno spazio fisico centrale, in modo che la gente ci passi e non debba per forza scegliere di andare apposta, dove insediare un centro culturale che contenga: uno sportello di informazioni – banca dati dei creativi in provincia di Modena e osservatorio – spazio di coworking – spazio espositivo eventi e conferenze – spazio aggregazione e accoglienza wireless per creativi e non – bar – studi – residenze d’artista – spazi di vendita per nuovi artigiani – progettazione di azioni di arte pubblica e di valorizzazione del territorio – incubatore di impresa – corsi di vario genere)

      Vi sembra troppo? E’ il mio sogno. Ve l’avevo detto che era una visione personale. Ma drizzando le orecchie mi è parso di capire che è una necessità di molti.

      E’ scandaloso che nel centro di Modena non ci sia uno spazio del genere tranne la Delfini e tre locali in croce.

      …Uno spazio dove se ho bisogno di un grafico vedo l’offerta sul territorio immediatamente sul database, o dove magari lo trovo al bar intento sul suo laptop nel suo nuovo lavoro. O che gioca a battaglia navale con uno a Klaipeda via web…Dove vedermi un film, una conferenza, una riunione di videomaker. E non è vero che non ce ne sono, è che bisogna fare promozione e relazione con il GAI, con l’Università, con il passaparola, con pubbliche relazioni, bandi e una promozione a tappeto. Dare l’immagine: si sta muovendo qualcosa nella tua città, e tu ne puoi fare parte. Roba grossa.
      Preventivo? ….

      Sogno ad esempio un Sant’Agostino che non perda una enorme occasione (tra l’altro un bar nello spazio interno non disturberebbe nessuno…). E che magari dia uno spazietto a CITIES. Per cominciare. Che dice la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena ad esempio? Potrebbe essere interpellata? Dobbiamo cominciare a muoverci, per non morire, per non morire…..

      Lancio la bomba. I have a dream.

      Ciao.

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    • Avatar di Ludovica
      Ludovica
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      Questo è molto intrigante. Può Matteo dirci qualcosa di più? Entusiasta di che in particolare?

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      Ludovica
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      Caterina, la lucidità non ti manca! ;-)
      La tua risposta, così articolata, vale la pena di studiarla a fondo. Anche a me l’incontro al Bensone ha smosso molte cose, mi prendo un po’ di tempo per rifletterci e poi scriverò, ma una cosa a un certo punto mi è balzata all’occhio con una nitidezza che non avevo mai realizzato fino ad ora: cioè che la presentazione fatta da Alberto calzava a pennello (ed è dire poco) anche a ME! E questo, insieme alla davvero esigua partecipazione da parte delle imprese culturali, ha fatto sorgere in me una domanda spontanea: ma non è che questa urgenza di innovazione sia un’esigenza più di una certa parte dell’Amministrazione Comunale (quella che era presente, più o meno) che del settore culturale/creativo di Modena?
      Se è così, allora bisogna ripensare bene il tutto……

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    • Avatar di Ludovica
      Ludovica
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      Per tutti: guardate un po’ qua…. me ne ha appena parlato una collega che l’ha visitato ieri. E’ a Bologna: http://www.lapillola.net

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
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      Ludo, questa che dici è una cosa importante. Ho paura che seppellita qui in fondo a una discussione possa perdersi, per cui magari manderei un messaggio broadcast al gruppo di CITIES per segnalarla.

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      Alberto
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      Un po’ effimero bolognese, ma la direzione la condivido :-)

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    • amici,
      vi ringrazio. queste riflessioni sono certo che valgono per una alta percentuale di città, paesini, e comunelli italiani..e probabilmente ci sono altre migliaia di persone che si stanno ponendo domande simili, stanno sperimentando risposte e proposte simili/diverse. e, da che ne ho memoria, queste situazioni sorgono ciclicamente nei percorsi di vita individuali (o generazionali) e storico-sociali. insomma non sarà nè la prima nell’ultima volta. ma questa volta, siamo noi.
      non conosco la situazione specifica, ma suggerisco di capire bene chi sono i soggetti interessati e che si prenderanno cura , e se quetso interesse non decade nelll’interesse “personale”, e dall’altro lato allargare il discorso in modo che non sia solo per i “creativi” che sennò diventano una nicchia quasi degli appestati…se riuscite a contaminarvi con altri (artigiani, studenti “normali” ..non so) forse il linguaggio e le proposte saranno più comprensibili..e ne trarrete beneficio anche voi.
      perdonatemi se l’intervento è de- contestualizzato
      (scusate il finale lirico)
      Simone

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    • un commento..scassacoglioni…

      ovviamente chi non partecipa..”direttamente” dovrebbe stare zitto..
      ma…

      la questione sta..secondo me…
      nel fatto che il punto di partenza dell’innovazione (almeno quella di cui si sta parlando qui) è quella di proporre nuovi framework socioculturali (.. connessi con la tecnologia che è un affare sociale) che ridiscutono in maniera a volte anche “violenta” quelli esistenti.
      violenta ..nel senso di talmente evidente che produce degli spostamenti di senso sociale ma anche..e questo è il passaggio più importante…economico.
      si producono nuove catene del valore..(connesse a un nuovo sociotecnico) che vanno a popolare..in maniera non continuista..ma di coesistenza complessa e anche un po’ antagonista…quelle esistenti.
      quindi la domanda è? ma il soggetto abilitante (il comune..) le vuole si o no queste catene nuove o il sociotecnico emergente o siamo ancora all’idea della cooptazione via “riserve indiane..che tanto poi crescerete e vi integrerete…”?
      secondo me (a parte la “ludorete”…) fondamentalmente no..
      quindi se alberto dice che l’innovazione è un’ideologia..il passo conseguente…è un attacco ai simboli di quella vecchia..
      una sana “guerra” pacifica/artistica/dei valori..contro quella vecchia..(alla piastrella e al porco???)
      e anche la proposta di catene del valore “reali” non assistite (anche se deboli e da sviluppare…).
      altrimenti è la sagra del “non ci capiscono e non ci ascoltano” e “qui non succede mai niente”…

      scusatemi..ma ho letto i commenti e alcuni mi hanno..stimolato

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    • Ciao a tutti,

      volevo solo scrivere qualche idea che mi sono fatto dopo l’incontro da BENSONE (che tra l’altro è un posto da Paura!…non a caso la P è maiuscola)

      Prima di tutto io sono del parere di Matteo: l’incontro mi ha gasato parecchio!

      Non mi preoccupa per niente il fatto che fossimo in pochi…anzi è uno stimolo in più perchè significa che stiamo veramente cercando di fare qualcosa di INNOVATIVO!
      Non sarebbe innovativo se fosse già condiviso da tante persone no?!

      Secondo me bisogna chiarire bene quale è la mission di questo progetto.
      Io ho letto nella descrizione di Cities che l’obiettivo è quello di far crescere le Industrie Creative,
      e dato che io lavoro in una impresa che reputo creativa, ovviamente la cosa mi interessa molto perchè il mio obiettivo ovviamente è crescere.

      La domanda che mi faccio e che secondo me dovremo tutti farci è:
      Come posso utilizzare Cities per far crescere la mia attività?

      Io ci ho pensato e credo che Cities dovrebbe essere come una Associazione di Categoria che ci permette di fare pressioni verso le istituzioni in maniera più potente di quanto ogni singola impresa possa fare da sola.

      Per fare pressioni possiamo realizzare eventi che ci possano permettere di avere visibilità e che possano far capire all’opinione pubblica che c’è bisogno di una rivoluzione innovativa.
      Per quanto riguarda gli eventi sono sicuro che potremo tirare fuori idee geniali ma dobbiamo fare in modo che queste cose vengano VISTE da un pubblico più grande possibile.
      In questo senso io sono d’accordo con Augusto quando dice che bisogna creare una nuova scena dell’innovazione ITALIANA….ma anche EUROPEA o MONDIALE… che magari parte da Modena… ma anche no.

      Io capisco che i rappresentanti del comune di Modena siano concentrati sulla città di Modena e va benissimo, ma dobbiamo ragionare in maniera più ampia se vogliamo realizzare un progetto così ambizioso e se vogliamo che serva concretamente alle nostre imprese.

      Poi il discorso economico è fondamentale.
      Io come impresa sono disposto a investire tempo e risorse in un progetto del genere ma l’obiettivo finale (la mission) deve essere quella: fare crescere la mia impresa.
      E sono convinto che se riusciamo a creare un sistema dove le innovazione è considerata una ideologia tutte le nostre imprese ne avranno beneficio.

      La parte più noiose che riguarda il fatto di rompere le palle alla camera di commercio per supportare le imprese creative…le banche etc…la lascio alla prossima puntata…

      A quando il prossimo incontro?

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    • Ciao A tutti…
      Io non sono potuta venire al Bensone perchè, come ho detto anche nell’intervista, per mandare avanti la mia piccola impresa mi devo dividere tra Modena e la Toscana, e, per quanto abbia fatto del mio meglio per essere onnipresente, questa volta non ci sono riuscita. E’ una realtà per me pesante seppur necessaria, ma non mi dilungo qui.
      Sto leggendo con attenzione gli interventi e mi chiedo: abbiamo messo precendentemente sul piatto già molte idee, secondo me…non vi sembra che una dose di creatività molto forte si sia già introdotta e che magari, proprio ORA, sia il caso di sottoporre tali idee, un pò riordinate naturalmente e con le persone che le hanno messe sul piatto della discussione, Al comune?
      Secondo me non è il cosa inventare il punto. E’ il come e con che mezzo!!!!

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    • Avatar di Ludovica
      Ludovica
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      Intanto: grazie, grazie, grazie a tutti per i contributi: preziosi.
      Mi pare che stiamo arrivando al punto. Come ho già scritto, sto riordinando le idee – e i vostri interventi aggiungono pezzi e spunti, ma intanto mi sento di condividere con voi queste riflessioni/domande/considerazioni.
      1) e’ davvero giunto il momento di FARE. Al limite anche col rischio di sbagliare, dobbiamo abbandonare le riflessioni e “buttare il cuore oltre l’ostacolo”
      2) problema: COME fare. Annalisa ha ragione, di idee e proposte ne abbiamo già messe insieme tante, ma come le realizziamo? Con un approccio top down dove il Comune dice: “bè, facciamo un video dei creativi di Modena” e poi chiede al gruppo di Cities di partecipare? Fino ad ora, la partecipazione è stata così scarsa (e tutto sommato si trattava solo di incontri, non veniva richiesto anche il lavoro….) che realisticamente nasce qualche dubbio sul fatto che poi si riesca a realizzare qualcosa. Anche perchè la singola impresa non ne ottiene una visibilità diretta: i prodotti o gli eventi o quello che si può fare sono firmati CITIES o con un altro nome che comunque racchiude tante realtà diverse (Consorzio Creativi Indipendenti?). Quindi, come Mattia ci dice con chiarezza, la motivazione del singolo non può che essere ridotta.
      3) infine c’è un ulteriore problema, cioè il fatto che sul fronte Comune di Modena la “ludorete” come la chiama Stefano c’è e ci crede, ma occorre trovare alleanze… come dire …. più potenti!!!

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    • Avatar di Matteo
      Matteo
      Partecipante

      Ciao a tutti.

      Come impresa personale culturale dell’innovazione sto facendo una ideologia, se per ideologia si intende un concetto, una credenza o fede che investe tutti gli aspetti della vita e se per innovazione si intende qualcosa che porti un progresso nella storia dell’uomo (e per me progresso ≠ complesso).
      Lo faccio in modo incosciente, nel senso che mi concentro sul mio lavoro, non sul bene dell’umanità.

      Forse sono le amministrazioni che devono fare il passo cosciente verso la militanza dell’innovazione, perchè nel loro Dna c’è il compito di amministrare, non di innovare.

      Ma, questa amministrazione, a parte la “Ludorete”, ha i mezzi per sviluppare politiche pesanti di questo tipo? Penso all’esempio di Alberto riguardante la città di Torino (vitto e alloggio a 2000 creativi di tutta europa) e mi viene da rispondere di no.

      Eppure non voglio farmi sfuggire l’occasione di far crescere la mia azienda, ma secondo me, dobbiamo fare un passo indietro, alla rete fatta di persone, alla “scena”.
      Una scena dove nasce? (magari Alberto con le sue esperienze musicali può darci una mano)
      Nasce dove le persone si trovano, fanno cose, e spaccano quello che c’era prima, come dice Stefano con
      …”nuovi framework socioculturali che ridiscutono in maniera a volte anche “violenta” quelli esistenti”…
      e riescono a crearsi uno spazio per sopravvivere e per portare sviluppo e benessere anche a loro stessi.

      L’altra sera mi sono reso conto che il tempo non è mai abbastanza per conoscere parlare e condividere, e non sono stato il solo (Caterina: …dopo lo spostamento ai Fusi Orari ha preso il sopravvento invece quello che è bello e giusto che sia, la conoscenza personale e la condivisione di esperienze…, Mattia: …l’incontro mi ha gasato parecchio!…).
      Forse, una iniziativa utile, in questa fase di costruzione della scena, è darci delle occasioni per passare tanto, ma tanto tempo insieme.

      Altra cosa che mi viene in mente è che la scena non necessariamente deve essere offline, quando siamo andati a Roma a gennaio, per il Kublai award ho sentito una energia ed una affinità con le persone che ho incontrato, e che magari conoscevo solo online, incredibile e Kublai, specie per persone che non hanno ancora deciso dove stabilirsi (oltre a me, penso anche a Annalisa), è lo strumento adatto per creare discussioni che poi si riversino negli incontri offline.

      Sinceramente sento una grande necessità di fare rete.
      Ho lavorato con Mattia ad un concorso per l’R-Nord di Modena, è andato bene ed ora stanno nascendo nuove cose per una seconda collaborazione, è stata una esperienza che ha generato un feeling e un’energia che è difficile contenere e che porterà ben oltre l’assalto della Ghirlandina!

      Credo che, prima di tutto, sia di questa energia di cui abbiamo bisogno (…adesso sembra di essere delle strane creature di cui l’amministrazione ha bisogno, non si sa bene per cosa, non si sa bene perchè…).

      In sintesi sono d’accordo con Ludovica, il primo passo potrebbe essere:
      un’agenda di piccole occasioni di lavoro, che abbiano lo scopo di farci incontrare
      (> creare una scena)

      Mentre il secondo, come dice Alberto dovrebbe essere:
      trovare nuovi alleati che abbiano più forza (anche economica) dell’amministrazione
      (> portare l’innovazione al centro dell’agenda)

      Viva!

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    • Ciao a tutti!
      Tanto per inquadrare ciò che vado a scrivere, sono Cristina del Laboratorio della Città del Comune di Modena.
      Devo dire che l’altra sera sono andata a casa alquanto sconfortata (…ma ho saltatao la parte gastronomica…), con l’impressione che la mia proposta sul Villaggio Artigiano non fosse stata compresa e che non avessi capito niente del mio possibile ruolo professionale in Cities.
      Quindi, questa discussione in corso mi offre l’opportunità di chiarire meglio, cosa che mi preme a livello personale e anche a livello professionale, perché come Laboratorio noi puntiamo molto ad una collaborazione con Cities per i progetti che andremo a sviluppare.
      Quando leggo Caterina che dice “trovare uno spazio fisico centrale, in modo che la gente ci passi e non debba per forza scegliere di andare apposta, dove insediare un centro culturale che contenga: uno sportello di informazioni – banca dati dei creativi in provincia di Modena e osservatorio – spazio di coworking – spazio espositivo eventi e conferenze – spazio aggregazione e accoglienza wireless per creativi e non – bar – studi – residenze d’artista – spazi di vendita per nuovi artigiani – progettazione di azioni di arte pubblica e di valorizzazione del territorio – incubatore di impresa – corsi di vario genere)”, la mia prima reazione è “Ma come, non è proprio parte di ciò che noi stiamo offrendo da tempo e che abbiamo ribadito l’altra sera?”.
      Poi rifletto un po’ sulle altre cose che lei scrive e su alcuni altri elementi emersi l’altra sera, e mi viene il dubbio – lo dico provocatoriamente – che il problema di non-risposta alla nostra proposta forse stia nel fatto che il Villaggio Artigiano non sta in centro storico…
      Se così fosse, per me sarebbe – lo dico con il cuore in mano – un po’ avvilente…Siamo sicuri che il centro storico sia “centrale” per la vita vera della città? Non è affascinante e stimolante l’idea di poter applicare la propria creatività alla riqualificazione di un settore di città, agendo su spazi pubblici e privati che possano diventare un riferimento e un anello della qualità del vivere?
      Non so, come architetto io la trovo una splendida opportunità, in quell’ottica di mutevole scambio tra operatori e territorio invocata da Ennio l’altra sera.
      Intendiamoci, noi non vogliamo lavorare, come fatto invece durante il playshop, all’offerta di 3 capannoncini da riadattare a loft e laboratorio. Questa può essere una parte, ma certo non il cuore.
      Il cuore vorrebbe essere la creazione di un link tra storica e nuova creatività modenese, che si esprime in forme tutte da studiare e progettare in un ambito significativo della città.
      E questo va anche nell’ottica di contaminazione evocata da tanti su Kublai, come Simone che dice “suggerisco di … allargare il discorso in modo che non sia solo per i “creativi” che sennò diventano una nicchia quasi degli appestati…se riuscite a contaminarvi con altri (artigiani, studenti “normali” ..non so) forse il linguaggio e le proposte saranno più comprensibili..e ne trarrete beneficio anche voi”.
      A noi piacerebbe molto passare al “fare” e fissare un incontro OPERATIVO, carte alla mano, nel quale il Laboratorio abbia modo di ragionare bene con voi, con chi vuole esserci, delle opportunità che la riqualificazione di Modena ovest offre.
      Qualcuno dei presenti l’altra sera lo abbiamo già sentito, perchè interessato alla faccenda. Capisco che quello che noi offriamo affronta solo una parte delle questioni emerse, ma è una parte concreta, dalla quale si potrebbe partire.
      Fateci capire se ci sono margini per lavorare insieme. E scusate lo sproloquio, ma in questa opportunità credo molto.

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
      Partecipante

      Molto interessante, Cristina! Fammi capire una cosa (tieni presente che io NON sono architetto, e le cose me le devi spiegare passo per passo). Tu scrivi:

      “noi non vogliamo lavorare, come fatto invece durante il playshop, all’offerta di 3 capannoncini da riadattare a loft e laboratorio. Questa può essere una parte, ma certo non il cuore. Il cuore vorrebbe essere la creazione di un link tra storica e nuova creatività modenese”

      Cosa avete in mente, in concreto? Materialmente come si fa a creare questo link? Io – da ignorante, lo ripeto – vedo due pezzi: uno è quello dei capannoni da riadattare a loft e laboratorio (con il problema chiave dei prezzi che devono essere bassissimi: la creatività radicale non ha soldi, e ha fame di spazi molto economici); l’altro è quello di progetti comuni da avviare tra imprese tradizionali e creativi – con i problemi di comprensione reciproca che sappiamo. L’unico intervento urbanistico è il primo, e anche quello non è che vada lontanissimo: sappiamo tutti molto bene che l’offerta di capannoni è un’ordine di grandezza superiore alla domanda di loft. Avete un asso nella manica, un intervento fighissimo che non vi siete ancora giocati?

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    • Condivido completamento l’intervento di Matteo.
      Secndo me si potrebbe già da ora lavorare online ai punti da fissare sull’agenda per porre le basi della “scena”: tali piccoli incontri di lavoro potrebbero servire come focus su una leading idea che andrà presentata in modo efficace.
      poi chiedo a Ludo e a tutti i rappresentanti dell’ amministrazione che margini potrebbero esserci per fissare anche un incontro o più di presentazione e discussione per la fase due: le alleanze forti di cui parla Matteo.
      Sempre a Torino, per rendere possibili i giochi Olimpici Invernali, fu creato con anni di anticipo un pool di professionisti (di vario genere e formazione) che lavorarono a porre le basi per realizzare il tutto… e per tutto intendo dagli sponsor ai partner, dall’individuazione delle aree da dedicare allo studio di tutte le infrastrutture e all’aspetto della città, non solo estetico ma anche sociale.
      Un intervento massivo e deciso.
      A modena sappiamo che non è pensabile. OK. MA ridimensionando la scala degli interventi, secondo me sarebbe una scelta davvero ammirabile da parte del comune istituire un piccolo pool con gettoni di presenza o formule simili per fare di questo un piccolo “lavoro” in tutti i sensi.
      E poi trovo fondamentale che non siano solo creativi a farne parte. Un pool deve essere completo e multitask.

      Ludo… sto parlando di fantascienza o in piccola scala è cosa realizzabile?

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
      Partecipante

      Stai parlando di un piano strategico. Una cosa che è quasi gratis (al netto di viaggi e tempo) è incontrare Paolo Verri, amico mio personale e di Kublai, che del piano strategico di Torino fu il responsabile. :-)

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    • Avatar di Ludovica
      Ludovica
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      Il mio lato sognatore/ottimista risponde ad Annalisa: proviamoci. Il mio lato cinico/realista risponde: non facciamoci del male, o almeno facciamocelo tra un po’, quando e se avremo capito che ne valga la pena. Quindi avanti con l’agenda delle tappe di lavoro (micro), avanti con la proposta di Cristina, avanti con il creare delle occasioni di incontro tra di voi e con noi.
      La cosa dei gettoni invece se lo decidiamo è fattibile: nulla ci impedisce di spendere il budget del pilota di CITIES (10mila euro) per pagare il lavoro delle imprese che partecipano. Dobbiamo solo deciderlo: d’altra parte anche questo può essere un pilota, e neanche stupido: mettere al lavoro delle imprese culturali e creative multidisciplinari per riqualificare il Viallggio Artigiano nel senso che dice Cristina e per creare e realizzare un’agenda di appuntamenti dove formare la scena (in senso Matteiano). Spendiamo i soldi così e poi attiviamoci per cercarne altri, quelli che servono a realizzare materialmente le idee che verranno. Io credo che se un progetto è veramente buono poi i soldi si trovano, ma capisco che qui di nuovo è il lato ottimista/sognatore che prende il sopravvento….

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    • …quante questioni interessanti e complesse…
      Provo a sintetizzare -ma sarà un post lunghissimo – per Alberto e tutti gli altri i filoni di riflessioni sui quali come Laboratorio della Città ci siamo mossi fino ad ora e che ci hanno spinto a credere in una fattiva collaborazione con le industrie creative atraverso Cities.
      Un progetto di riqualificazione urbana abbisogna, dal nostro punto di vista, di alcuni elementi imprescindibili:
      - Volontà e disponibilità da parte dell’amministrazione
      - Una chiara propensione alla trasformazione dell’area in oggetto, magari verso una specifica identità (in questo caso industrie creative?)
      - Imprenditori/cittadini disposti a crederci e ad investirci
      Nello specifico del Villaggio artigiano, il primo elemento, per quel che riguarda l’Assessorato alla Pianificazione, c’è. C’è la volontà di cogliere l’occasione della dismissione della rete ferroviaria per avviare il ripensamento globale del settore ovest della città e per rilanciare la realtà del Villaggio Artigiano connettendola alla contemporaneità (dal punto di vista del disegno urbanistico, ma anche, ovviamente, delle realtà economiche insediate e del ruolo strategico nel progetto più complessivo di città).
      Per quel che concerne la propensione alla trasformazione, ci sono in atto nell’area vari cambiamenti: se ne va la ferrovia, molte imprese artigiane si stanno trasferendo e stanno chiudendo, alcune realtà artigiane di tipo “nuovo” per l’area vi si stanno spontaneamente insediando (editoria, comunicazione, moda, design…) sia per i costi ridotti degli immobili rispetto ad altre aree della città sia per le tipologie immobiliari presenti, che sono specifiche di Modena e ben si prestano ad imprese di piccole dimensioni, con esigenze di spazi flessibili e adattabili, magari doppi volumi, laboratori abbinati a residenza etc. Ci troviamo quindi con un’area storicamente e tipologicamente interessante, a metà strada tra il centro storico e l’anello della tangenziale, dove muoversi sarà tra poco molto più agevole per la scomparsa della ferrovia e dove, sebbene com modi da rinnovare, la coabitazione tra residenza e attività laboratoriali è un dato storico.
      Ciò detto, lo “spazio d’azione” per le industrie creative mi pare si possa configurare in varie direzioni. Ne accenno alcune:
      - Essendo la creatività artigianale l’identità storica dell’area, sarebbe bello se un ipotetico consorzio delle industrie creative o il centro culturale come configurato da Caterina trovasse qui la sua sede. In ogni caso, la presenza di un elemento catalizzatore è imprescindibile per un progetto di riqualificazione. Per questo abbiamo avviato una ricognizione delle aree e degli immobili per valutare dove l’amministrazione potrebbe intervenire per realizzare/promuovere tale catalizzatore, che potrebbe proprio essere una “factory” come da tradizone anglosassone. E alcune possibilità le abbiamo identificate;
      - Un programma di riqualificazione prevede per legge che una parte degli interventi vengano destinati a social housing. In questo caso, invece dell’ennesimo nuovo quartiere PEEP, si potrebbe pensare a lla riconversione a residenza “social” degli insediamenti esistenti (che quindi avrebbero un “fascino” diverso e soprattutto prezzi diversi) e alla concessione temporanea con bando di spazi di vita e/o di lavoro (tipo spazi studio di via Carteria, per intenderci);
      - per come è strutturato il regolamento edilizio di Modena ad oggi non è possibile realizzare – legalmente – un loft o comunque una tipologia edilizia che fonda casa e lavoro. Un programma di riqualificazione offre la possibilità di creare regole specifiche per l’area in oggetto, che consentano e anzi incentivino tali trasformazioni. Visto che, tra l’altro, gli immobili esistenti si prestano già;
      - dovendo riqualificare un quartiere artigiano, gli interventi saranno necessariamente orientati a conferire alla zona un senso di maggiore urbanità, che la realtà produttiva e la presenza della ferrovia fino ad ora le hanno negato. In soldoni, ripensare le infrastrutture ( quindi possibilità WIFI), riconfigurare le strade e generare spazi pubblici come parchi e piazze ora pressocchè assenti (quindi spazi per installazioni, rappresentazioni, arredo urbano…), inserire attività commerciali, di servizio e connesse al tempo libero, che se hanno un target o un’identià specifica chefaccia marketing..bhe, aiuta! L’idea è che diventi un’area attrattiva per tutta la città, un luogo di vita all’insegna della varietà;
      - liberandosi l’area della ferrovia, si viene a creare una grande diagonale che dal centro storico porta al quartiere fieristico. Possiamo farne una ciclabile, sempre utile, oppure possiamo farne un’asta di connettività urbana, una grande “passeggiata” con spazi di ritrovo, strutture per esposizioni temporanee, fronti edilizi nuovi studiati come “vetrina” delle attività dell’area etc.;
      - nel Villaggio Artigiano ci sono alcune grosse realtà produttive di livello anche sovranazionali, a diverso titolo legate al settore creativo. Penso a Panini, Righi, Ruggeri, magari interessati a fare da elementi trainanti e, perchè no, sponsor. Poi ci sono tutti i piccoli artigiani depositari di un sapere “del fare” molto interessante. E le nuove realtà che già si sono insediate e che si andrebbero a insediare. Questo, unito ai contenitori vuoti, ci ha fatto pensare a eventi periodici tipo mercatini/festival/fiere da localizzare lì (…perchè no il “ciappino festival”?)
      …E chissà quanto altro ancora potrebbe venir fuori da un confronto planimetrie alla mano!
      In tutti i processi descritti le industrie creative di Cities potrebbero intervenire come destinatari finali della riqualificazione, è ovvio, ma anche e soprattutto come interlocutori privilegiati e elementi propulsori della fase progettuale, nonchè come protagonisti di alcune sezioni del processo (marketing, eventi, allestimento degli spazi pubblici, gestione della factory). Per questo per noi – che ci occupiamo di urbanistica – è imprescindibile la collaborazione con altri settori dell’amministrazione, che mettano in campo le loro competenze per realizzare questi aspetti.
      Non so se ho risposto alle sollecitazioni di Alberto. Certo, per ora non possiamo promettere nulla, se non la disponibilità. Per avere maggiori certezze, abbiamo infatti bisogno di capire se c’è il terzo punto tra quelli citati all’inizio, ovvero l’interesse da parte dei possibili primi fruitori delle trasformazioni così prospettate a prender parte al processo e la disponibilità a chiarirci le loro esigenze ed aspettative. Magari scopriamo così che, diversamente dalle impressioni fino ad ora raccolte, una riqualificazione siffatta non è proprio nè utile nè pensabile.

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    • Ludo,

      anche io sono realista. Lo sono al punto che devo tradurre tutto in azione e reazione.
      Questa non è una scienza esatta e dunque lavorerei per tentativi: quello che dico io è poniamo un’embrione per un possibile sviluppo, applichiamo le idee alla situazione di Modena, Indaghiamo.
      può darsi che salti fuori un’altra strada per le imprese creative attraverso nuovi canali.
      Può darsi che il tutto non porti a niente, ma intanto è un tentativo.
      Spendere soldi per lavoro vero non è mai inutile, secondo me. tra l’altro già mi sembra una grande innovazione per l’italia che si investa, seppur pochissimo, sulla creatività.
      Dillo un pò a un assessore!!! ;-)

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    • Bene.
      Dopo un certo tempo e un certo numero di incontri si è capito che c’è un gruppo di persone/imprese creative modenesi che riconosce la reciproca interdipendenza rispetto a un obiettivo di rilancio culturale della città (obiettivo a cui sono subordinati o anche solo positivamente collegati gli obiettivi, diversi, dei singoli) ed è quindi disponibile a destinare un certo quantitativo di energia ad iniziative congiunte.
      A questo punto si tratta di capire se il Comune – oltre all’utile e gradito networking locale/nazionale/internazionale che con il progetto Cities è in grado di promuovere e proporre ai creativi locali – è in grado di proiettare o di fare interagire le energie di Cities su/con altri tavoli/livelli deliberativi.
      Se non ne fosse in grado, il progetto potrebbe dirsi sostanzialmente (e direi positivamente) concluso (un’ultima coda potrebbe essere la nota “incubazione”, ovvero cercare di perfezionare le idee emerse nel corso del progetto in modo da dar loro più possibilità di affermarsi, al di fuori di Cities).
      Se ne fosse in grado sarebbe bellissimo e decisivo.

      Un’ultima considerazione, di ordine retorico, e principalmente rivolta ad Alberto: coloro che la storia ha finito per decretare come innovatori, nella maggior parte dei casi non desideravano esserlo. Invece, coloro che si sono presentati alla storia come innovatori, si è spesso scoperto che dissimulavano interessi molto precisi. Insomma, io non mi presenterei come innovatore, rischia di produrre l’effetto contrario: a qualcuno di voi è mai capitato o venuto in mente di stringere la mano a qualcuno pronunciando le parole: ciao, io sono un innovatore?

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    • Wow,
      mi sto gasando sempre di più!…mi sa che sta notte non dormo…

      Noi stiamo valutando la possibilità di trasferirci entro il 2010 quindi finire in una “scena” del genere, se si trova lo spazio giusto alle nostre necessità, sarebbe grandioso!

      Io sono disponibilissimo ad approfondire.

      Grazie intanto.

      m.

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
      Partecipante

      Cristina, ci ho messo un po’ a sedimentare questo messaggio, che è molto ricco – tanto che forse varrebbe la pena di riassumerlo per punti. Dimmi se ho capito:

      1. comunque fareste dei loft (casa/bottega), che sarebbero gli unici di Modena.

      2. comunque c’è il problema di quanti loft potete occupare, cioè quante piccole realtà neo-artigianali delle industrie creative si trovano che hanno disponibilità a trasferirsi lì.

      3. se questo accade, si può pensare a un’operazione ambiziosa che coinvolga infrastrutture, la creazione di una “Avenida diagonal” dove creare punti di incontro, parchi e verde e perfino una gestione unitaria della comunicazione.

      E’ un’idea forte: sembra un parco scientifico-tecnologico, ma per persone invece che per aziende. Non capisco bene la tua domanda angosciata al Bensone: “Ma ci sono questi creativi?” La risposta la sai: un po’ ce ne sono. Occupano meno metratura degli artigiani tradizionali, a meno che tu non sia disposta a fare una politica di prezzi calmierati in modo aggressivo. “Mi comprano il loft?” Eh, su questo credo sia difficile fare delle previsioni certe, tanto più che la maggior parte dei creativi di CITIES farà scelte professionali importanti (compreso dove lavorare) prima che il villaggio artigiano venga riqualificato (ci vorranno diversi anni, no?).

      Però magari hanno voglia di prendere parte al processo di progettazione. Se ne ipotizzate uno (quanto dura, quali sono le modalità di lavoro, chi lo guida etc.) potete fargli la domanda diretta. No? :-)

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    • cavolacci..
      quante cose mi frullano in testa.
      martedì scorso ho partecipato a una parte delli’incontro da Bensone.
      poi sono diventata una kublaiana.
      e ho iniziato a ricostruire il progetto Cities leggendo i vari documenti e commenti che ho trovato in rete.
      adesso i miei neuroni in letargo – causa maternità – fanno un po’ fatica a mettere in ordine tutte le informazioni che stanno assorbendo..
      e quindi dirò sicuramente cose confuse e probabilmente già dette.
      quindi cercherò di dirle con meno parole possibili, almeno per non essere pesante.

      1. il progetto mi sembra una figata (e a dirla tutta è anche l’unico motivo che mi mette di buon umore pensando che all’inizio del prossimo mese rientrerò al lavoro)

      2. le modalità di lavoro pure mi sembrano belle&piacevoli: un aperitivo di lavoro, che sia sull’erba o in un negozio, un convegno-gioco, questa forma di discussione virtuale, per dirne alcuen, non sono cose che si trovano in tanti progetti “che frequento”

      3. le idee che ho captato – in rete e al Bensone – sono tante, e molte stanno bene insieme

      4. forse vale la pena fermarsi un attimo (o anche un po’ di più) per tirare le classiche fila.
      e delineare la strategia da portare avanti. le mosse concrete da fare. perchè l’ideologia non rimanga senza gambe.

      detto che molti di voi non li conosco ancora,

      e che sono molto d’accordo con Stefano quando si domanda se il soggetto abilitante è “con noi o contro di noi” e in base alla risposta che ci diamo la strategia cambia, e magari si ramifica in più direzioni

      e che penso che sia importante “contaminarsi con altri”, come suggerisce Simone De Battisti

      e ricordarsi, come diceva Mattia che anche se non danno la felicità con i soldi bisogna comunque farci i conti da subito,

      la mia proposta sconfusionata, intanto che riordino le idee, è che forse convenga muoversi simultaneamente in due direzioni diverse:

      una più ufficiale, per acquistare credibilità come gruppo e accreditarci verso il soggetto abilitante. e il banco di prova potrebbe essere partecipare con un ruolo importante alla progettazione del villaggio artigiano postindustriale, per dargli un’impronta creativa e suggerire soluzioni nuove alle quali il Comune magari non penserebbe per mancanza di strumenti. e tra l’altro questo ci metterebbe in contatto con molte altre persone, dando luogo alla contaminazione a cui accennavo prima. e le suggestioni di Cristina calzano a pennello;

      una più ufficiosa, fatta di piccole azioni “violente” nel senso di Stefano Maffei, che ci consentano di farci conoscere senza farci vedere (alla Luther Blisset), delle provocazioni positive con le quali provare a scuotere la città tradizionale e tastare il terreno. e per questo oltre ai giardini, alle piazze, ai muri della città (e perchè no anche al cielo) potremmo infiltrarci in “aree amiche”, tipo, intanto per cominciare, raccogliendo le disponibilità della tea room di Alice e Federica, o del teatro dei venti di Michela..
      in attesa di uscire allo scoperto con progetti più articolati e con un ritorno economico per le imprese e i creativi che partecipano.

      e adesso torno a fare la mamma..

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    • innanzitutto…
      saluto silvia…
      che è stata mia gradita e gentile ospite qui in un corso poco (tanto..:-)) tempo fa
      w anche luther blisset..e l’idea di un situazionismo legato a sperimentazioni progettuali che utilizzino la creatività e l’innovazione già esistente “situandola” in città (ovvero..cosa possono fare e dire i “creattivi”..davvero..per la loro città..con configurazioni inedite..coinvolgendo il circuito dell’arte e delle imprese..andando a far “danni” anche in una università..che ha diversi corsi di laurea in comunicazione…)

      un commento brevissimo su loft e dintorni.
      qui mi sembra che si stiano confondendo mezzi e fini…
      maria cristina parla della riqualificazione del villaggio artigiano come “mezzo” o come “fine” (e giro a lei la domanda)?
      mi sembra che ogni volta che si parla di creatività/innovazione si finisca per mettere l’accento più sui “luoghi della creatività ” (io potenzialmente ritengo un po’ stereotipata questa visione…) che sui “processi/attività” (..chi fa cosa, come lo fa, in cosa è originale, in che ambito produce valore..sociale, tecnologico, culturale, estetico….e quanto questo valore viene valutato in relazione a dei circuiti “globali”..insomma a che punto sei nella tua “classe” di riferimento).

      dal mio punto di vista gli approcci per agire su “processi” e luoghi” sono parecchio differenti, così come lo sono le risorse, i tempi e non da ultimo gli attori coinvolti (..pensate al comune…).
      la mia esperienza da ex architetto dice comunque che la strategia sui luoghi è più lunga, costosa..e non sempre funziona (si vedano le decine e decine di incubatori, parchi tecnologici, factory…che combattono per non affondare una volta finiti i contributi/incentivi pubblici).
      ma mi sembra che in questa discussione questa focalizzazione non sia ancora sufficientemente matura ovvero che non si sia presa una decisione strategica fondamentale…

      Inutile dire che..per me… sarebbe più importante lavorare sui processi…ovvero capire come far crescere e valorizzare le competenze, gli asset, le idee dei soggetti esistenti (o quelle che collaborativamente..le sinergizzano di più)..

      perdonate l’ironia…ma il mattone…anche creativo…non è la punta avanzata…del pensiero sull’innovazione…anzi

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
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      Molto, MOLTO d’accordo con Stefano. Ma io non sono il Comune… che, poi, non è detto – e forse nemmeno auspicabile – che voglia praticare la punta avanzata del pensiero sull’innovazione. Vediamo cosa dice Cristina. :-)

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    • Ciao a tutti…e grazie mille ancora in ritardo per l’ospitalità!! Purtroppo ritorno solo ora ad avere internet… sono davvero molto curiosa di leggere i progressi di questo progetto modenese e, dalla mia, credo che sì, modena ed i suoi creativi abbiano voglia di mettersi in gioco ma, dato il particolare momento socioculturale, non ci si può aspettare una partecipazione fervida ed impegnata da parte di chi già tutti i giorni deve lottare per esistere, promuoversi, lavorare!
      L’impressione che ho avuto anch’io è che in qualche modo tutti i creativi presenti si aspettassero di ritrovarsi fra la mani qualcosa di più concreto di cui parlare mentre invece si sono ritrovati a ricevere una palla un po’ bollente…e l’hanno rilanciata!
      Credo che per evitare perdite di tempo e, soprattutto, di entusiasmo, sia vitale trovare un accordo sui reali obiettivi del progetto…definire in che direzione le politiche comunali devono muoversi per andare incontro alle imprese creative e per far capire a tutta modena che ogni impresa, ogni attività può dialogare, guadagnandoci, con queste mosche bianche!!
      Mi trovo anche polemicamente d’accordo con Caterina nella percezione di una sorta di “ansia da prestazione” creativa che credo non sia affatto un buon tonico per la creatività!
      Consiglio anch’io trasparenza degli obiettivi, attenzione ai partecipanti in quanto menti pensanti e braccia amiche e non solo “potenziali innovatori” e, ancora più importante…chiarezza sui ruoli all’interno del progetto Cities e di come i partecipanti debbano relazionarsi al progetto, per evitare fughe di persone preoccupate dall’idea di dover affrontare mole di lavoro gratuito…questo c’è già nella vita di tutti i giorni, non c’è bisogno di innovazione per averlo :)
      Forza e coraggio quindi, ma anche divertimento e serenità per mettere in moto l’altra metà del cervello!!
      A presto e rispondetemi anche male se volete!

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    • D’accordissimo!
      Al massimo il mattone potrebbe essere un fine… dare spazio, anche fisico, a chi ne ha bisogno, sarebbe sicuramente una politica intelligente!
      Ma non c’è nulla di più triste di un laboratorio deserto o di un centro culturale che si chiude attorno ad una palestra!

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    • Dunque, che dire…
      Premesso che:
      - Sono un urbanista e partecipo a Cities come referente dell’Ufficio Progetti Urbani del Comune, e come tale di “mattone” mi intendo e non mi metto certo a offrire contributi su altri versanti
      - Sono stata INVITATA a partecipare a Cities per portare la voce del mio settore di competenza e le informazioni in merito alla possibilità di coinvolgimento nel progetto di pezzi di città in evoluzione
      l’idea di cui mi sono fatta portavoce – forse in modo poco efficace – è quella di coinvolgere, con modalità tutte da definire, le industrie creative di Modena in un processo di trasformazione urbana che, sulla base di indagini svolte dai nostri uffici, per loro, e conseguentemente per la città, poteva essere interessante.
      Che la riqualificazione sia da intendersi come fine o come mezzo, in questa ottica e in questa fase non mi sembra la questione. E’ come la ormai trita discussione che serpeggia nelle Facoltà di Architettura, se sia più importante la ricerca o il progetto…Credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che il progetto è anche ricerca.
      Ecco perchè il coinvolgimento delle industrie creative messe in rete da Cities nel processo di riqualificazione può configurarsi, come ho già detto, nella identificazione di destinatari finali del progetto, ma anche e soprattutto nella individuazione di interlocutori privilegiati e elementi propulsori della fase progettuale, nonchè di protagonisti di alcune sezioni del processo.
      Poi…i tempi sono lunghi? “Loft e dintorni” non è il magazine preferito dai lettori di Kublai? si ritiene che non sia questo l’obiettivo più opportuno per Cities? Nulla da ridire, personalmente potrei anche essere d’accordo, vista la discussione che sta emergendo.
      Ben vengano altre idee, il progetto del Villaggio Artigiano andrà avanti comunque per altre vie, che ovviamente non escludono il contatto individuale extra-Cities con le industrie creative che abbiamo potuto conoscere tramite il progetto. Anche perchè io continuo a pensare che le premesse per un processo e un progetto interessanti ci siano tutte e credo anche che la collaborazione tra uffici diversi del Comune e soggetti privati possa rappresentare un aspetto processuale innovativo non da poco per la realtà italiana.
      Agganciandomi a questa ultima osservazione, da persona che dà molto peso alle parole e da moglie di un “creativo”, concludo solo facendo presente che in alcune risposte si coglie una certa voglia di dicotomia NOI/VOI – tipo privati/comune, o creativi/dipendenti comunali, che mi sembra più stereotipata delle idee sui luoghi della creatività, che spero di non aver fomentato io stessa e che credo, nello specifico di un progetto come Cities, non porti poi molto lontano.

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
      Partecipante

      Cristina, nemmeno io ho la minima voglia di entrare nella diatriba fine/mezzo. Invece una dicotomia tra creativi e Comune mi sembra utile e necessaria. Non si tratta, è ovvio, di rimarcare differenze “antropologiche” che non ci sono, ma di tenere il ruolo, come tu stessa dici in apertura del tuo ultimo post. Tu e Matteo siete entrambi urbanisti, siete di Modena, avete anche età simili, ma tu giochi con la maglia del Comune e lui no, e questo condiziona la vostra partecipazione a CITIES.

      Questo vale anche per me. Credo di potermi definire un creativo, ma qui faccio il consulente del Comune. Come tale rilevo un bisogno di costruire un’alleanza tra la ludorete e qualche pezzo più vicino al cuore dell’amministrazione. Se capisco bene, l’operazione villaggio artigiano potrebbe essere questo pezzo: tu, in questo senso, sei stata chiarissima. Il Comune questa cosa la farà, la farà comunque. Se i creativi sono alla ricerca di un ruolo, in questa operazione potrebbero averlo; ma, mentre il ruolo è (un po’) negoziabile, il villaggio artigiano non lo è. Se loro vogliono fare altro, lo facciano, ma senza l’ufficio progetti urbani. Io, se fossi il gruppo di CITIES, penserei seriamente a questa offerta, perché lo farebbe entrare in un processo che si svolge nel cuore del cuore del governo della città.

      Restano il problema dei tempi, che non è eliminabile, e quello della dimensione simbolica, che invece credo sia integrabile dentro la riqualificazione del villaggio artigiano. Cosa ne dicono i modenesi?

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    • maria cristina, alberto

      aggiungo un commento per non essere frainteso..
      ..della questione mezzi/fini…non volevo ragionare in senso pallosamente metodologico..
      e scusa maria cristina…ma non c’entra niente
      snip—–
      “…Che la riqualificazione sia da intendersi come fine o come mezzo, in questa ottica e in questa fase non mi sembra la questione. E’ come la ormai trita discussione che serpeggia nelle Facoltà di Architettura, se sia più importante la ricerca o il progetto…Credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che il progetto è anche ricerca…”
      snip—-
      io penso che questa sia ricerca-azione…ovvero progetto che “deve” avere una tesi di fondo..perchè sia ricerca (e non pratica..professionale…di qualunque tipo..anche di altissimo livello).
      la tesi “un luogo è creativo perchè ci sono/abitano i creativi” può avere due letture:
      - una ovvia, semplicistica e super deja vu che guida a un progetto “partecipato” in cui però l’obiettivo è quello di costruire un fiore all’occhiello “fisico” in cui sta una comunità vagamente chiusa e autocentrata (scusate le affermazioni generiche…)
      - una meno ovvia in cui ci si chiede come scegliere, far dialogare, collegare, offrire le attività, i servizi, le competenze ai/dei creativi per potenziarne le opportunità.

      questa seconda visione non fa a pugni con l’ipotesi del villaggio artigiano ma ..semplicemente non usa la visione (solo) dell’urbanistica per capire come funziona una comunità di persone (una/delle comunità di pratica..)..
      quindi..forse una “contaminazione” del laboratorio sulla città sarebbe necessaria e interessante
      così come un’analisi un po’ più attenta di quello che wenger chiama joint enterprise, mutual engagement, shared repertoir…
      ovvero degli abitanti e non dell’abitato/abitazione.

      la prospettiva è “politica” nel senso più alto del termine.
      occorre comprendere cosa vuole significare, se anche ci fosse una saldatura tra il progetto del villaggio artigiano e l’idea di un qualsivoglia hub della creatività (e concordo con alberto che sarebbe una buona opportunità) questo intervento rispetto ad un futuro assetto sociale, economico, culturale della città e immaginare di fare un qualche bell’esercizio di scenaristica what if…

      aggiungo che sono d’accordo ancora con alberto..sulle dicotomie che servono per capire, orientare ed operare una scelta consapevole (e non per forza conflittuale) su chi porta interessi per cosa.

      quindi viva il comune se è il mezzo (:-)) con cui arrivare al fine…

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    • Avatar di Ludovica
      Ludovica
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      grandissima Silvia! Non vedo l’ora che tu torni a lavorare, mi manchi….

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    • a volte cercare di chiarirsi aiuta…
      Infatti, mi sembra che la seconda ipotesi che tu paventi sia perfettamente in sintonia con le nostre speranze/direzioni di lavoro.
      Perchè non rimangano per l’appunto speranze è altrettanto fondamentale, come ho già detto, che più settori del baraccone comunale operino in sinergia sin dalle primissime fasi, come Ludovica ha infatti cercato di fare, con Silvia – politiche economiche – e poi coinvolgendo me, quindi urbanistica, nel progetto (e dal mio punto di vista mi auguro che tali sinergie mi aiutino a comprendere meglio alcuni termini del tuo discorso, un po’ troppo “globish” per me…). Sono infatti quanto mai d’accordo con te sul fatto che un approccio prettamente urbanistico non sia la strategia adatta nel caso del villaggio Artigiano (…lo è mai?!!) ed è per questo che , sebbene in modo ancora molto abbozzato, come Laboratorio della Città, ci stiamo muovendo anche con analisi e letture di tipo economico e sociologico.
      Ciò detto, credo infine che sia doveroso per l’Amministrazione che il Comune rappresenti il mezzo, e lo dico da cittadina e da professionista che ha scelto di applicare le proprie competenze e capacità alla “cosa pubblica” volendo ancora credere nel suo valore.

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    • forse dovresti invitarmi (o io mi autoinvito…) a vedere le cose che fate al Laboratorio..:-)
      tieni presente che io sono un architetto felicemente pentito..e quindi particolarmente caustico..come tutti i rinnegati…
      sarebbe un punto di partenza per sintonizzarsi…

    • Autore
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    • Anche io sono d’accordo sul fatto che il mattone in senso stretto non è qualcosa di nuovo e che funziona. Aggiungo che spessissimo gli interessi in ballo fanno deragliare ogni buona intenzione…
      PERò…
      a. parliamo qui di strategia per la città, quindi vediamola dal punto di vista urbano e sociale insieme. NON voglio nemmeno parlare di Urbanistica, che secondo me in italia è troppo identificata con la mera burocrazia e gli standard aberranti, che tutto sono tranne vera urbanistica.
      b. strategia significa dal mio punto di vista utilizzare quello che già c’è ( a livello di immobili ed infrastrutture) e farlo lavorare in senso diverso, per applicazioni che secondo noi soddisfano determinate necessità: prendiamo ad esempio il centro storico. io sento parlare continuamente di necessità di riqualificare. Ma tutti parlano del mattone e si pensa meno al tessuto sociale: se non si interviene sulla qualità della vita io credo che ci sia poco da fare.
      La mia proposta è di lavorare sul villaggio artigiano come se fosse una realtà da diffondere nel centro per revitalizzarlo. non creiamo un’altra scatola vuota, ci sono troppi vuoti di valore da colmare. Inseriamo laboratori che riattivino la vita della città DENTRO la stessa, non in un ghetto.

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