Iniziamo? (sperando che non sia troppo tardi…)

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  • Iniziamo? (sperando che non sia troppo tardi…)
  • Iniziato da Massimiliano Selvaggi Avatar di Massimiliano

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    • Dopo una serie lunghissima di discussioni, analisi, montagne russe emotive, tele che, nella migliore tradizione mitologica, venivano fatte di giorno e disfatte di notte, ripensamenti e varibili impazzite, bene, abbiamo scritto il documento. E’ impostato sulla base della guida di Kublai, con alcune correzioni funzionali al discorso. Per es: le idee non centrali, per noi lo sono eccome. Crediamo di poterci lavorare su. Proprio a partire da queste: “Art Zone” e “Cineturismo”, vorremmo da voi preziosi consigli, contributi di idee, salutari bocciature, ecc. .
      Il doc prosegue analizzando i punti di forza e, soprattutto, di debolezza del LFF. Ne vogliamo discutere con tutti voi. Fuori da ogni retorica, volevamo ringraziare Kublai, a prescindere da tutto. Rappresentate una formidabile e forse unica opportunità per capire quanto lontano (?) possiamo andare.

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    • Avatar di Alberto
      Alberto
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      Sicuramente non è troppo tardi. Adesso tocca a noi lavorare sul doc… bravi! :)

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    • Avatar di Walter
      Walter Giacovelli
      Partecipante

      Art zone e cineturismo…suona già bene, credo il doc riservi belle sorprese.

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    • E comunque, il cuore della questione è questo: il LFF lo abbiamo definito il Festival delle persone (e dei luoghi). Il salto di qualità che tu (Alberto) ci chiedi può essere individuato, a nostro avviso, nella possibilità che diventi il Festival di tutti, della comunità intera in tutte le sue componenti: sociali, economiche, culturali, istituzionali. Solo così, forse, si metterebbe in moto un meccanismo di sistema. ;)

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    • qui c’è da ragionare….ok mi ci metto di “buzzo” buono! a risentirci presto
      Filippo

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    • Avatar di Tito
      Tito
      Keymaster

      Salve, sono Tito Bianchi, uno dei vostri coach del versante Ministero: provo ad iniziare a rompere il ghiaccio di un dibattito che spero nascerà sul vostro ricco documento progettuale, che vi ringrazio di avere condiviso con noi.
      La prima cosa che desidero dire è che ho trovato in questo progetto diverse idee molto promettenti, e che si capisce sono calate nelle esigenze di un territorio, così come vengono percepite da un gruppo promotore vero e appassionato. Tutto ciò è molto raro e di per sé rappresenta la gran parte di quello che serve ad un progetto di qualità. Dico questo in apertura affinchè le proposte e le critiche che seguono, non appaiano preponderanti.
      • Personalmente, l’idea che mi ha conquistato è quella dell’art zone: ossia di acquistare e donare ogni anno una Lammia al direttore artistico del festival. Adoro l’effetto cumulativo che potrebbe arrecare, la sedimentazione dell’arte nel paesaggio del paese sarebbe un vero investimento nel luogo e nel festival insieme, facilmente raccontabile al di fuori di esso per attirare l’attenzione di operatori e turisti. Ogni donazione, se fosse accompagnata da un certo grado di adattamento-personalizazione dello stabile alle caratteristiche dell’artista e della sua opera, farebbe del paese, nel lungo periodo, in un certo senso la testimonianza costruita della storia del festival, e dell’arte che ha saputo portare. Quasi però, visto il poco spazio che dedicate alla presentazione di quest’idea, ho la sensazione di leggerci di più di quanto ci legga il progetto, di crederci di più di chi la sta proponendo.
      • Tuttavia, se intendeste puntare gran parte del progetto su quest’idea, come auspicherei, sarebbe necessario affrontare alcuni aspetti pratici, ed inevitabili difficoltà tecnico amministrative. Forse è proprio l’anticipazione di alcune di queste difficoltà a rendervi cauti nello sviluppo di quest’idea. Forse la strada da percorrere è quella di partire da un censimento di queste lammie deserte, del loro regime di proprietà, del loro valore, della loro prossimità reciproca, etc, per verificare la fattibilità di quest’innovativa idea.
      • L’idea di riconnettersi con la comunità locale e evidentemente un tema non secondario e da voi fortemente condiviso. Attualmente si propone di fare ciò in larga misura coinvolgendo la comunità locale nelle prospettive economiche legate al festival. Mi domandavo se non ci fosse anche un’altra strada possibile che conduca allo stesso fine, forse più tradizionale. Quella di orientare in una certa misura i temi della narrazione cinematografica verso i valori e le passioni dei residenti comuni (non intellettuali) di Pisticci e dintorni.
      • Un problema formale di questo progetto è che non distingue chiaramente il festival dal progetto. Evidentemente, visto che il festival è già una realtà, il progetto dovrebbe richiedere il finanziamento di un pezzo di attività che oggi non esiste. Puramente per scopi di presentazione, il progetto potrebbe, perciò, aprirsi con una premessa di sintesi di quello che il festiva già è oggi. Poi, a partire da un’analisi delle difficoltà o dei limiti che sta incontrando, potrebbe presentare il progetto d’investimento come una soluzione a quei limiti o problemi diagnosticati. Chiarire questa distinzione, è il primo passo che rende possibile stimare i costi di un intervento che si intende proporre.
      Se prima o dopo della preparazione di una versione 2 del documento progettuale vi fosse utile un incontro in sincrono, io sarei contento di parlare di queste ed altre questioni.

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    • Ciao Tito.
      Grazie per le considerazioni molto stimolanti.
      Scusaci se non potremo rispondere prima di lunedì: per noi si sta per chiudere una settimana di grande tristezza per la perdita di un caro amico e socio di Allelammie.
      Buona domenica. ;)

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    • Ciao Tito, ciao tutti.
      Grazie per le considerazioni che ci consentono di iniziare a vagliare la fattibilità della nostra idea a partire dal nostro sogno nel cassetto, ovvero l’Art zone.
      Mi preme sottolineare che, al di là delle apparenze, nell’art zone ci crediamo davvero, oramai da qualche anno. Come hai detto tu, la cautela nasce da una serie di problemi tecnici, politici e (lo vedremo in seguito) culturali di lunga data. In questo post cercherò di inquadrare meglio il contesto fornendo sinteticamente elementi di varia natura (spero) utili ai fini della discussione che abbiamo iniziato.
      Innanzitutto, un po’di informazioni storiche: il rione che ha le maggior potenzialità in tal senso è senza dubbio il Dirupo, per sette anni location del LFF. Tra i più suggestivi borghi contadini del sud Italia, sorse dopo che la notte del 9 febbraio 1688, a seguito di un’abbondante nevicata, una frana di enormi proporzioni fece sprofondare i rioni Casalnuovo e Purgatorio, causando circa 400 morti. Sul terreno della frana furono quindi costruite centinaia di casette (in seguito chiamate da tutti lammie) in filari, tutte uguali, bianche, a fronte cuspidata. Il nuovo rione prese significativamente il nome di Dirupo, proprio in ricordo della frana. In seguito, fino ai tempi recenti, si sono susseguite altre frane meno gravi che, però, hanno determinato l’adozione di vincoli idro-geologici e urbanistici che tuttora gravano sul rione. Tra questi, c’è il decreto di trasferimento dell’abitato per rischio un idro-geologico che tecnici e politici considerano oramai superato.

      REGIME DI PROPRIETA’
      Questo decreto è alla base di una sorta di esodo degli abitanti del rione verso Marconia, una frazione di Pisticci, sorta come confino per deportati politici del fascismo, dove vivono oramai 10 mila persone contro le 6-7 mila di Pisticci centro. I proprietari delle lammie, a causa di una cattiva gestione dell’amministrazione comunale, hanno ottenuto soldi e suoli edificabili a Marconia, mantenendo, però, la proprietà delle “vecchie” case nel Dirupo, (poche decine sono quelle acquisite dall’ente pubblico). Ecco spiegato il motivo per cui ci sono parecchie case in disuso (c’è da dire, però, che l’emigrazione si è diretta anche altrove a causa delle difficili condizioni socio-economiche ed occupazionali in cui versa il territorio). Non più di quattro anni fa abbiamo realizzato un censimento artigianale nei rioni Dirupo e Terravecchia (location attuale del LFF): allora calcolammo l’esistenza di un paio di centinaia di casette inutilizzate dai proprietari per quasi tutto l’anno, o (la maggior parte) addirittura per nulla utilizzate. Alcune decine, poi, sono di proprietà comunale: tra queste, ci sono le cosiddette Lammie comunali, da cui l’associazione mutua il nome (nei pressi di questi locali fu organizzato il primo evento, era il 1998, “Allelammie Annozero).
      Proprio su questi locali, fin da allora, redigemmo un progetto esecutivo di utilizzo della struttura per la realizzazione di un centro di servizi culturali in una prospettiva urbs-turistica.
      http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_Libro.asp?CodiceLibro=1805.14
      http://www.unibas.it/utenti/sichenze/TESTI_SITO/VII_Rapporto.pdf

      La parte architettonica del progetto fu redatta da un gruppo di bio-architetti di Lioni (AV) amici dell’associazione (uno di essi, Federico Verderosa, è attualmente nei quadri dirigenziali di ANAB).
      Quella relativa alla destinazione d’uso fu redatta da noi. Una evoluzione di quell’idea è T.I.L.T., l’idea che Allelammie ha proposto nell’ambito del progetto VISIONI URBANE, per cui ha candidato alcuni spazi laboratorio del territorio ma, per il forte degrado in cui versano, purtroppo non le Lammie Comunali (durante la discussione potrebbe rivelarsi utile affrontare il caso “Lammie Comunali”).

      VALORE DEGLI IMMOBILI

      Il LFF e, in generale, le attività di marketing culturale pro-Dirupo messe in campo da Allelammie in questi dieci anni, hanno determinato un progressivo aumento del valore immobiliare delle casette. Un evento culturale nel centro storico (all’epoca, un’assoluta novità per Pisticci), con il suo carico di fascino e suggestioni per luoghi poco conosciuti e ancora discretamente conservati (allora più che adesso!!!), ha destato, fin da subito, l’interesse crescente in primis degli stessi abitanti del territorio ma anche di visitatori forestieri prima e, man mano che il LFF ha assunto carattere di internazionalità, (anche) di stranieri.
      Dal costo di circa sei/sette milioni di lire di 10 anni fa, si è passati ai circa dodici/quindicimila euro (valore medio) attuali, con punte di 20/30 mila euro per le lammie più grandi, con affaccio a sud (vista sul mare -20 km- e sole tutto l’anno e per gran parte del giorno) e già ristrutturate.
      Attualmente si registra un discreto flusso di giovani coppie, professionisti, post-universitari, che decidono di comprare una lammia, ristrutturarla e abitarla. Interessante è anche il numero dei ritornanti (i pisticcesi fuori che tornano per le festività, per i week-end, ecc), dei forestieri (moltissimi dal nord-Italia – vale lo stesso discorso dei ritornanti) e, da qualche anno, di stranieri (su tutti inglesi e scozzesi, che hanno deciso di abitarci).

      PROSSIMITA’ RECIPROCA

      Sono molti i “filari” di casette disabitate senza soluzione di continuità. Si arriva anche a 4/5 lammie l’una di fianco all’altra ampiamente sotto-utilizzate dai proprietari per lunghi periodi dell’anno.
      Questo ci ha portato a pensare alla possibilità di alberghi diffusi orizzontali costituiti, appunto, da lammie in sequenza. Ciò assume maggiore importanza se si pensa che il numero di posti letto albergieri nel centro abitato è pari a zero.
      La continuità/prossimità reciproca delle casette inutilizzate garantisce soluzioni più agevoli sia per il loro acquisto multiplo” (forse sarebbe meglio che la trattativa avvenisse di volta in volta con i singoli proprietari, per evitare azioni di lobby tra di loro con conseguenti aumenti di prezzo degli immobili) sia per una loro più comoda ristrutturazione, organizzazione e gestione rispetto agli obiettivi previsti (in primis residenza per gli artisti di fama, ma anche ricettività turistica ecc).

      Per oggi mi fermo qui. Domani continuerò il discorso cercando di affrontare anche gli altri punti su cui Tito ha fatto le sue considerazioni. Sulle modalità della discussione: credo che nei prossimi giorni interverranno anche i miei amici/colleghi.
      Buona serata.

      Tra gli allegati ho aggiunto un paio di foto del Dirupo che rendono l’idea sulla sua struttura urbanistica.

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    • ANCORA SULL’ART ZONE: PROBLEMI TECNICO-AMMINISTRATIVI, POLITICI E CULTURALI (TOUT COURT)

      Un saluto a tutti.
      Abbiamo individuato una serie di problemi tecnico-amministrativi, ma anche politici e culturali che potrebbero ostacolare la realizzazione del progetto.
      Dicevamo dei vincoli idro-geologici (i primi risalgono all’inizi del secolo scorso) da cui poi il decreto di trasferimento dell’abitato rinnovato l’ultima volta all’inizio degli anni settanta e mai più rimosso. Misure, lo ricordo, attuate in seguito ad eventi franosi che specie nell’ultima trentina d’anni hanno causato lo svuotamento del Dirupo e di altri rioni molto popolosi: Croci, Tredici.
      Tecnicamente, quindi, nel Rione Dirupo non ci dovrebbe essere anima viva e di conseguenza non dovrebbero arrivare le forniture di acqua, gas, luce, telefono. L’Amministrazione Comunale, che ufficialmente non rilascia concessioni edilizie, né tantomeno le DIA, a rigor di logica, dovrebbe curarsi di “deportare” gli stoici 6-700 abitanti che “ancora”ci vivono (e si lavano, cucinano, accendono le luci, telefonano e, addirittura, navigano in internet con l’adsl) . La situazione assume i caratteri di stravaganza se si considera che gli atti di compravendita delle casette vengono legalmente ratificati dagli uffici del Catasto e dai notai. Ciò rimanda ad un cortocircuito nella filiera degli uffici pubblici che assumono atteggiamenti opposti rispetto al problema.
      Da questo che, più che un paradosso, è un vuoto di gestione politico-amministrativa, lo diciamo senza timore di essere smentiti, deriva anche la sequela di scempi urbanistico-architettonici che hanno devastato il centro storico di Pisticci, sfigurandolo e svuotandolo della sua identità estetica. E’ ovvio che, senza un codice di pratica (per citare un solo esempio in questo senso), gli abitanti hanno avuto mano libera negli interventi estetico-architettonici, i più disparati (influenzati da mode, gusti e esigenze della modernità), che hanno cancellato buona parte della integrità del rione.
      L’art zone, allora, potrebbe essere una sorta di ancora di salvezza, un processo complessivo di rigenerazione del luogo, che a partire dalla rivalutazione architettonica (con interventi mirati all’utilizzazione delle abitazioni in disuso), potrebbe offrire soluzioni contro il degrado estetico, il rischio dell’abbandono (valorizzando e amplificando i micro-processi di ritorno di cui parlavo ieri) e creare una nuova opportunità economica, sociale, e perfino residenziale grazie alla leva della creatività.
      Di qui, la necessità di far condividere pienamente l’idea progettuale alla sfera politico- amministrativa che, tra i primi atti concreti, dovrebbe lavorare alla rimozione, oramai inattuale e dannosa (come vedremo fra poco), del decreto di trasferimento dell’abitato. In verità Allelammie, seppur con un’azione non del tutto convinta, coordinata e sistemica (avevamo cinque anni di meno e, quindi, eravamo meno forti “politicamente” e meno “preparati” di adesso), nel 2002, alla vigilia delle elezioni amministrative, “costrinse” l’allora futuro sindaco a prendere impegno formale verso la rimozione del decreto. Furono intraprese delle iniziative presso gli uffici competenti che avevamo fatto sperare nell’agognato traguardo. Contestualmente, un azione-mix di lobby e marketing da parte di Allelammie determinò l’arrivo di un finanziamento proveniente dal PIT, che doveva essere utilizzato per una serie di progetti, tra cui, guarda caso, il “pilota” dell’albergo orizzontale, il centro polifunzionale nella Lammie Comunali (furono stanziati oltre 250 mila euro ad hoc), che, anche grazie al LFF, doveva essere il vero centro propulsivo del cambiamento, e il rifacimento della Piazza La Salsa, location per spettacoli dal vivo.
      I nodi vennero al pettine e i fondi di provenienza europea, visti i vincoli, se si eccettua la Piazza,non furono mai spesi per gli obiettivi dichiarati e vennero dirottati altrove (pavimentazione, arredo urbano generico, ecc).
      Forse, il peso del Ministero dello Sviluppo Economico, il suo potere di persuasione pratico e simbolico, la sua capacità di influenzare le scelte dei livelli politici e amministrativi sottostanti, la sua capacità di mettere insieme gli stakeholders, potrebbe rendere più forte la proposta progettuale dell’Art Zone, rispetto ad un’azione isolata da parte di Allelammie che, tra l’altro, per via di pre-giudizi ideologici e culturali, per fortuna nutriti “solo” a livello individuale, non riesce a comunicare con l’A.C. nel migliore dei modi.
      Naturalmente, in questa situazione, se ci fosse la condivisione politica del progetto, sarebbe più facile spiegarlo agli abitanti, convincerli della sua bontà e, infine, coinvolgerli nel processo socio-culturale ed economico (governato ed ottimizzato e non più isolato e disorganizzato) che si andrebbe ad innescare. Non solo legato alla compravendita degli immobili, ma anche a tutti gli effetti positivi in termini di qualità della vita, descritti nel nostro documento di progetto e ribaditi da Tito nel suo intervento. Va segnalato un fatto importante: alcune imprese edili di Pisticci, chiamate da privati a ristrutturare gli immobili, hanno deciso di acquistarne diverse, ristrutturarle e rivenderle, naturalmente a prezzi non più tanto accessibili.
      Un altro problema di natura tecnica che potrebbe rallentare lo sviluppo del progetto, nelle sue fasi già operative, è legato alla multi-proprietà di molte delle lammie. Non sono pochi i casi in cui il numero degli eredi e inversamente proporzionale alla grandezza delle casette. Cinque, sei, sette eredi per 25 mq!!! Potrebbe risultare farraginoso metterli d’accordo tutti, sia sulla opportunità di vendita dell’immobile, sia sul prezzo! Ma, in questi casi che riteniamo essere estremi, il vil denaro, più che la convinzione che il progetto sia un grande opportunità per tutti, potrebbe ricondurre alla ragione i più ostinati e superare questo tipo di ostacoli.
      Aggiungo in allegato un prospetto del 2004 che descrive il quadro complessivo delle unità abitative presenti nel Dirupo, le abitazioni utilizzate e quelle inutilizzate.
      Rispetto a queste considerazioni, per noi sarebbe utile conoscere le vostre.
      Intanto, continueremo a far fruttare gli stimoli forniti da Tito e un po’ alla volta cercheremo di affrontare i vari spunti emersi dal suo intervento.
      Adesso andiamo a cena tutti insieme con il gruppo di persone (provenienti un po’da tutto il sud Italia, tranne la docente ispano-olandese) del work-shop di animazione che abbiamo organizzato qui alla Casa della Cultura:
      http://www.lucaniafilmfestival.it/ ;)

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    • Mi sono accorto di non riuscire a postare l’allegato. Come faccio? ;)

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    • Avatar di Tito
      Tito
      Keymaster

      Grazie delle informazioni di approfondimento. Ora riusciamo tutti ad immaginarci meglio l’Art Zone. Certo a questo punto il Comune è, ancor più di quanto immaginavo io, uno snodo essenziale per poter orientare il progetto su questi aspetti artistico-urbanistici.
      Mi rendo conto che orientare il progetto maggiormente sull’Art-zone è rischioso. E’ in agguato la speculazione, e sono certo che non vorreste che questo progetto venisse identificato come l’ennesima idea di riqualificazione urbana visto che nel periodo 2000-2006 lo sviluppo locale del mezzogiorno si è molto appiattito su piccole opere pubbliche di scala comunale. Spero la cena sia andata bene e ne riparliamo presto, spero

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    • Ciao Tito, ben trovato.
      Un breve aggiornamento.
      Sono appena tornato da un work-shop di presentazione della nuova programmazione Leader 2007-2013, organizzato dal GAL Cosvel a cui aderiesc anche il Comune di Pisticci.
      Bene, erano presenti i dirigenti del Gal, l’assessore alle Attività Produttive del Comune di Pisticci, associazioni varie. Un appuntamento finalizzato alla raccolta di idee, proposte, bisogni che saranno tradotti nel nuovo documento programmatico Leader che genererà i futuri bandi pubblici.
      E’ utile far notare che il Gal Cosvel, negli anni scorsi, si è reso protagonista di un intervento di recupero del centro storico di Rotondella (MT) (sede amministrativa dell’Ente), a partire dalla riqualificazione di oltre cinquanta abitazioni in disuso, destinate, poi, alla ricettività turistico-alberghiera (creati 150 posti letto). Un esperimento riuscito, senz’ombra di dubbio. Ho fatto questa premessa perché quando ho preso la parola e ho accennato all‘esperienza in corso in Kublai (senza entrare, però, nei dettagli), ovvero alla nostra “visione” sul Dirupo, i rappresentanti del GAL hanno espresso interesse e, soprattutto, disponibilità concreta a recepire l’impianto generale della nostra idea sulla creatività quale leva per lo sviluppo locale. Vista la loro esperienza maturata nel campo della rivitalizzazione dei Centri Storici in direzione dello sviluppo socio-compatibile, hanno espresso l’interesse a sperimentare l’esperienza anche su Pisticci.
      Credo nelle coincidenze: loro, senza sapere nulla della Art Zone, parlavano un linguaggio molto vicino ad essa. Ho preso la palla al balzo, chiedendo ufficialmente al GAL di intraprendere un azione di lobby nei confronti dell’Amministrazione Comunale, che, come dicevi tu, Tito, è lo snodo per qualsiasi ipotesi futura sulla Art Zone. L’assessore comunale ha preso l’impegno di venire qui, alla Casa della Cultura, la prossima settimana, a discutere della nostra idea.
      L’azione di lobby che potremmo concertare con il Ministero dello Sviluppo Economico e, in attesa di altri promotori Istituzionali e non, con un Ente Consortile come il GAL che ha importanti strumenti di programmazione e gestione di fondi pubblici, la loro pregressa esperienza nel settore specifico di progetti di qualità urbana, l’apertura di credito da parte del Comune di Pisticci che, tra l’altro, insieme ad altri Comuni dell’area, è socio del GAL Cosvel; e per finire, una sensibilità notevole a livello individuale nei rappresentanti istituzionali del GAL (scusate la digressione: il direttore Salvatore Lo Breglio, che è anche un amico, è un grande intenditore di musica – sul suo cell. ha la suoneria di una canzone dei mitici WILCO- e ciò per quanto mi riguarda è uno dei metri infallibili per misurare le qualità umane di una persona ;) ); tutto ciò stasera rende l’idea dell’Art Zone meno irrealizzabile di quanto sembri. Sarà un semplice stato emotivo, ma fa bene provarlo…
      Certo, sui rischi che corre il progetto, supero Tito e dico che la speculazione è in agguato e le difficoltà sono enormi, ma crediamo che il processo, nonostante abbia bisogno come il pane degli Enti Pubblici, potrebbe percorrere parallelamente nuove strade per approdare al traguardo: un processo partecipato, condiviso dai portatori di interesse locali. Qui, (affronterò in seguito la questione), entra in gioco un altro elemento da noi descritto nel documento di progetto. Il rapporto da migliorare e implementare con la comunità. Allelammie/LFF potrebbero/dovrebbero rivestire il ruolo di medium socio-culturale per preparare il terreno all’Art Zone.
      La cena è andata bene (carne equina a volontà!), ma è ancora meglio il party di fine work-shop attualmente in corso. ;)
      PS: i rapporti con il GAL Cosvel sono maturati nell’ambito del progetto che, grazie ad un loro co-finanziamento, ha “generato” il Centro di Iniziativa Locale, ovvero la Casa della Cultura, attuale sede operativa del LFF.

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    • Ho caricato il file sulle unità abitative presenti nel Dirupo. ;)

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    • Massimiliano, un paio di commenti spot:
      1. Tutto molto interessante,
      2. Anche io credo alle concidenze: afferrare senza esitazioni le opportunità di cui al tuo post.
      3. Con l’assessore (sa del video?), usa pure il coinvolgimento e crescita del progetto in un percorso con dentro il Ministero (DPS) e un sacco di expertise differenziate che ne faranno un progetto dalle gambe solide.
      4. Non mi preoccuperei (troppo), a questo stadio ma forse più in là, di effetti di gentrification o speculazione della Art Zone..

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    • Grazie Marco per il tuo intervento, quantomai prezioso per l’ottimismo che esprime.
      L’assessore che, escludo conosca il video, sarà qui la prossima settimana: la prima cosa che faremo sarà metterlo davanti allo schermo e mostrargli il reportage di Kublai.
      Credo che poter spendere nella discussione l’argomento “Ministero/Kublai” produrrà effetti positivi, non solo su di lui ma anche e soprattutto sul sindaco e di conseguenza sugli altri componenti della Giunta.
      Riuscire a coinvolgere il Comune, il GAL, il PIT, cioè i pricnipali protagonisti istituzionali e tecnici del territorio, potrebbe essere un’operazione molto difficile, ma una volta fatta, la strada potrebbe “mettersi” in discesa.
      Per quanto riguarda il rischio speculazione: è alto, senza dubbio e, quindi, cè da tenerlo in considerazione. Senza, però, farsi tarpare le ali nel processo di elaborazione dell’idea progettuale. Un’ idea forte, ben strutturata, risulterebbe molto efficace dopo averne sviscerato punti di forza e debolezza, migliorando i primi e cercando di superare i secondi. ART ZONE, se sviluppata nel migliore dei modi, potrebbe fare centro, anche per il fatto che non partiamo da zero, ma da dieci anni di esprienza in tutti i settori che chiama in causa (creatività, marketing territoriale, qualità urbana, ecc). Dovremmo essere bravi a interconnettere tutti gli elementi utili. Per questo ci aspettiamo da voi una serie di contributi affinchè l’ART ZONE by LFF diventi un progetto realizzabile, anche dopo KUBLAI che, purtroppo, prima o poi non ci sarà più. Temo.
      Buona serata. ;)

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    • Avatar di Tito
      Tito
      Keymaster

      Massimiliano, grazie della tabella, molto utile. I passi avanti che fate sono molto importanti e mostrano che siete voi in controllo del processo e potete scegliere come utilizzare Kublai per avvicinare sempre più questo progetto ad una realizzabilità. Visto che Marco instilla ottimismo, l’istinto mi dice in queasto momento di puntare l’attenzione sulle difficoltà.
      Per essere concreti, io temo questo. Se l’art zone sarà fatta propria dall’amministrazione comunale quasi come un piano territoriale, allora il valore degli immobili in quel quartiere schizzerà, rendendo ogni anno più diffcile relaizzare il progetto di ristrutturazione e donazione di una Lammia. Per questo, non essendo un urbanista con esperienza di risanamento urbano, mi immagino che la proprietà degli immobili su cui attuare il piano, debba essere assicurata al progetto, o all’amm. comunale, una volta per tutte all’inizio del progetto. Troppo costoso? Lavorare solo sulle lammie fià di proprietà del Comune? non saprei e lascio a voi proseguire…
      Quanto al progetto dell’art zone, non rsisto alla tentazione di dirvi come me lo immagino. Ogni anno, scelto il direttore artistico e l’impronta tematica-culturale del festival, si programa la ristrutturazione della lammia da donare. Sarebbe bello che questa ristrutturazione avesse essa stessa carattere artistico, in stile collegato all’opera dell’artista invitato, che coinvolgesse maestranze locali e lavoro volontario. Si tratta di una diversificazione delle competenze richieste per realizzare il festival, di cui tenere conto. Ma forsequesta parte del progetto è essa stessa un modo per riavvicinare il festival alla comunità, che forse (ipotizzo) potrebbe avere più cultura d’origine nell’artigianato che nel cinema.
      Cose da fare. Forse, non spargere troppo ai quattro venti l’idea dell’art zone (lo so è poco Kublai, ma in questo caso c’è un motivo). Continuare il censimento dlele lammie da punto di vista della proprietà, per arrivare a qualche stima di costi.
      Ce l’avete un amico architetto-urbanista bravo?

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    • Ciao Tito, ben trovato.
      Mi fa piacere scoprire che le tue proposte vanno a braccetto con le nostre idee.
      Nello specifico: in merito al rischio dell’aumento del valore degli immobili, pensavano proprio ad una soluzione che assicurasse un numero iniziale di lammie anche per poter mettere in piedi un piano di investimento e (successivamente) di utilizzo a lungo termine (un quinquennio almeno, l’optimum sarebbe un decennio). Acquistare da privati, ad esempio, dieci case al prezzo attuale, significherebbe affrontare, solo per l’acquisto, una spesa tra i 150 e 200 mila euro circa. Se poi ci aggiungiamo i lavori di ristrutturazione e adeguamento alle esigenze artistiche degli ospiti, credo che il costo andrebbe vicino al raddoppio. Cifre inaccessibili per Allelammie, almeno per il momento. Se il progetto, invece, dovesse riscuotere l’interesse delle Istituzioni, a partire dal Ministero, quale Ente persuasore/procacciatore di finanziamenti (come ribadito da Alberto al BarCamp di Roma), allora la vicenda assumerebbe i caratteri della fattibilità, quantomeno economica. Ma, come accennavi tu, c’è anche un’altra possibilità: una volta tirato dentro ufficialmente il Comune, che, a quel punto, si sentirebbe pienamente motivato a lavorare in direzione della revoca del decreto di trasferimento, si aprirebbe la strada delle lammie di proprietà pubblica (il comune ne dispone di alcune decine, molte organizzate in filari senza soluzione di continuità o addirittura comunicanti: le Lammie Comunali). Con enormi vantaggi da tutti i punti di vista. Innanzitutto: immediata disponibilità degli immobili. Possibilità che i lavori, oneri, permessi, ecc legati alla ri-strutturazione e poi all’adeguamento rispetto alle esigenze degli artisti vengano assicurati “internamente” (del tutto o parzialmente): il Comune dispone di una struttura tecnica, di suoi operai, di un portafoglio di imprese edili, artigiane, ecc che sarebbero più facilmente coinvolgibili nel progetto. In questo modo, i costi iniziali del progetto sarebbero di molto inferiori rispetto all’ipotesi di acquisto dai privati. Il Comune, così, in un ipotetico business plan, sarebbero il principale co-finanziatore dell’idea.
      A quel punto, forse, si aprirebbe un’altra tipologia di problemi legati alla gestione delle fasi del progetto, ad esempio, alla co-direzione artistica, ma non solo (starebbe a noi portare a casa un buon risultato, salvaguardano la giuda artistica e culturale del LFF). Su questo, ritengo che il vostro aiuto nel prevedere le complicanze a cui l’Art zone andrebbe incontro, ma anche la possibilità di intravedere problemi e/o soluzioni legati tout court alla sfera delle Amministrazioni pubbliche, sarebbe molto prezioso.
      In entrambi i casi, però, si innescherebbe quel circolo virtuoso a cui facevi esplicito riferimento nel tuo ultimo post: ovvero la possibilità di coinvolgere nel progetto le maestranze e le imprese locali, e, in genere, tutti i portatori di interesse territoriali, in una prospettiva di filiera (in parte locale, in parte extra-locale: va valorizzato l’apporto delle tante realtà esterne che fanno capo al LFF). Così, in un ipotetica bozza di schema, avremmo: idea progettuale (ALLELAMMIE/LFF); fase di progettazione tecnica (Comune e professionisti locali – ma anche altri soggetti qualificati, pubblici e privati: in questi giorni stiamo cercando di coinvolgere lo studio di bio-architettura BIOSIS di Lioni (AV), già citato tra gli alleati nel doc. di progetto, realtà collegata direttamente all’ANAB nazionale); fase operativa: imprese edili e artigiane del territorio. Fase di promozione e marketing: realtà pubbliche e private legate al mondo della comunicazione; fase di implementazione artistica dell’idea: network di creativi (locali, nazionali ed internazionali) collegati al LFF.
      Così, l’Art Zone, diventerebbe un progetto capace di coniugare il cinema e la vocazione a ciò che tu chiami “ la cultura d’origine”, ovvero l’artigianato. E soprattutto, sarebbe un gran bel pretesto/processo di ridefinizione del rapporto tra il LFF e la sua comunità, un modo “strutturale” di riprendersi Pisticci (credo di dedicare un post a parte al tuo input circa la necessità di ridefinire i temi della narrazione cinematografica verso i valori e le passioni dei residenti comuni).
      A proposito dell’artigianato: credo fortemente che non vadano trascurate le potenzialità legate ai giacimenti d’argilla presenti in enormi quantità in tutta la zona dei Calanchi (l’inizio del video reportage di Kublai parla chiaro!), per secoli materiale utilizzato per produrre i manufatti nella (bio) edilizia locale (mattoni, tegole, intonaci, ecc). In proposito, potrebbe tornare molto utile l’apporto che la coop Il Lanario, che agisce all’interno del contenitore LFF per le questioni legate alla sostenibilità ambientale, potrebbe apportare al progetto (in termini di competenze e network specifici).
      In quest’ottica si potrebbe cogliere la grande opportunità rappresentata dall’Art Zone, intesa quale progetto complessivo di ri-qualificazione urbana e di sviluppo locale attraverso l’arte, per recuperare la grande esperienza nella lavorazione dell’argilla realizzata in un’area che, grazie alla presenza della stessa in enorme quantità, ha da sempre, con una metodologia di filiera breve (cava, fornace, cantiere), utilizzato questo materiale per costruire. Non so se sarebbe facile la sincronizzazione delle fasi progettuali dell’Art Zone con la formazione di risorse locali per la creazione d’impresa (micro imprese o imprese individuali), con l’obiettivo di creare un consorzio di imprese che esaurisca la filiera dell’argilla (estrazione, lavorazione-produzione finanche alla commercializzazione) e favorisca la valorizzazione dei prodotti ad essa collegati, in questo caso nei settori dell’edilizia e dell’artigianato (ma, lo ribadisco, anche l’argilla per la produzione di soggetti e location per l’animazione cinematografica). Ma potrebbe essere un opzione ulteriore, se non un vero e proprio feedback, prodotto dall’Art Zone.
      Tornando al Dirupo, al più presto, cercheremo di realizzare un nuovo censimento o quantomeno di ottenere dati aggiornati. A partire dagli architetti-urbanisti che sono in Allelammie o che vi gravitano attorno (già nel doc. di progetto ho fatto alcuni nomi: per il momento aggiungo, Giovanni D’Alessandro e Michele Viggiani, architetti).
      Nel frattempo, come suggerisci, Art zone rimane una cosa esoterica ;), ad uso e consumo dei Kublaiani e di pochi (altri) eletti (nostri amici). Nella speranza che presto (meglio che tardi) diventi patrimonio di tutti.
      Rispetto alla parte artistica, io mi limito “a fare miei” i tuoi suggerimenti, ma aspetto che arrivi l’apporto di altri amici/colleghi, a partire da Rocco, direttore artistico del LFF nonché abitante di una delle lammie del Dirupo. Chi meglio di lui conosce le esigenze di un’artista che vive in una lammia?
      Inoltre: appena possibile, vorrei iniziare ad analizzare insieme a voi anche altri aspetti, finora rimasti ai margini, del doc. di progetto (ad. Esempio la multi funzionalità delle lammie, quindi non solo come residenza per gli artisti).
      Infine, in futuro gradirei approfondire la parte relativa ai benefici diretti e indiretti di cui godrebbe il LFF con l’Art Zone. Noi naturalmente, costruiamo scenari da sogno. Voi, forse, dovreste regalarci un po’ di sano (?) realismo. ;)
      PS: dopodomani parto per Napoli, poi Roma e poi venerdì per la Svezia (sarò di ritorno martedì). Non so se riuscirò a fissare l’ incontro con l’assessore, ma credo di poter aggiornare la nostra discussione prima della partenza.
      PS 2: nei prossimi giorni posteremo un documento multimediale che (nelle intenzioni) fornirà una visione d’insieme della futura Art Zone.

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    • Salve.
      In questo intervento vorrei segnalare la nostra attività di benchmarking per scovare progetti simili all’Art Zone realizzati in Italia e all’estero. Ci ricordavamo dell’esperienza di un paesino molisano che aveva pensato di rivitalizzare il paese, oramai quasi in abbandono, con la musica. Ecco, quel paese si chiama Provvidenti e nel frattempo è diventanto ” Il Borgo della Musica”. Ci sono punti in comune con l’Art Zone, anche se, mi sembra, sul piano dell’ospitalità, si ricorre all’affitto a alla locazione e non alla donazione delle casette.
      Su questo aspetto vorrei indagare: la formula adottata lega gli artisti al paese nella estemporaneità o in modo duraturo? Un indizio in questo senso è l’assegnazione da parte del Comune di Provvidenti della cittadinanza onoraria agli artisti che passano di lì.

      Dietro, mi sembra di capire, ci sono un agenzia musicale di Campobasso e una Cooperativa che si occupa di management.
      Nel Borgo della Musica, realizzano eventi live, ma anche e soprattutto produzioni musicali (in un fienile recuperato e destinato a sala di incisione/stage live) e, infine, attività di formazione.
      Ecco un paio di link che sintetizzano un pò il progetto, davvero molto bello e, dal nostro punto di vista, incoraggiante:
      http://www.provvidentiborgodellamusica.com/formazione.html
      http://www.provvidentiborgodellamusica.com/docufilm.html

      Sembra che ci siano anche dei rapporti con gli amici di Molise Cinema (artisti che sono passati di lì), visto che il paese è a due passi da Casacalenda, sede del Festival. Magari un contributo di Federico Pommier sarebbe molto utile per capire in modo un pò più approfondito la realtà di Provvidenti.
      Altre esperienze in tal senso sono pochissime: ho scovato un’esperienza in Sicilia, ma non del livello molisano:
      http://www.tribenet.it/read.php?read=6144

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    • http://www.provvidentiborgodellamusica.com/allegato%20de%20IL%20MON
      Quest’articolo de “Il Mondo” è illuminante: vengono affrontate questioni, e posti interrogativi rispondenti alle esigenze dell’ART ZONE. Rischi di speculazione, di aumento del prezzo delle case (ho scoperto che alcuni artsiti che sono stati a Provvidenti comprano casa), di spersonalizzazione della comunità nell’impatto con gli artisiti, ecc. Davvero molto materiale.
      Sarebbe interessante ottenere informazioni sull’impatto economico di un progetto che ha tutti i crismi di un intervento orientato allo sviluppo locale.
      Ci fate sapere cosa ne pensate? ;)

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    • Avatar di danilo
      danilo
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      Ciao Max, ciao a tutti.
      Ho letto un po’ della discussione. Non conosco l’ART ZONE e cercherò di informarmi. Per ora dunque non mi pronuncio.
      Certo, la cosa più difficile è riuscire a creare futuro senza cedere al modernismo.
      L’opportunità che un rione splendido e quasi disabitato, come quello di cui qui discutiamo, possa diventare luogo di rinascita sociale e culturale di un’intera terra, e quindi luogo nuovamente vitale, e spinta vitale, va di pari passo con la necessità che ad imporsi non siano gli stessi meccanismi che quel rione e quella terra li hanno svuotati.
      La missione del LFF è contribuire a un futuro anomalo. Perché il futuro normale, per la Lucania, è stato scritto maluccio (= la stessa grammatica con cui ne hanno scritto il passato).

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    • Ohhhh… non ci abbandonate! ;)

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    • Ciao Massimiliano, sono un collaboratore di Tito e Marco al ministero e, guarda caso, anche un urbanista (neolaureato, quindi tendenzialmente “sbarbatello”, ma pur sempre urbanista…).
      Il vostro progetto ha in sé qualcosa di grandioso, non solo perché l’idea che racconti è suggestiva, ma perché sembra avere gambe per funzionare: non perché di facile realizzazione, ma perché tu ed i tuoi soci in LFF ci credete e avete messo via un bel po’ di esperienza (il che fornisce al progetto almeno metà di quello che serve per passare dalla carta ai mattoni, ed è cosa assai rara). In sostanza, i miei ossequi a voi tutti…

      Detto questo, passiamo al sodo. Vado per punti, anche per ricapitolare una conversazione densissima sul ning (ho descritto tutto in modo più articolato nel file allegato, credo un po’ più comodo per entrambi):

      1. L’immagine del “quartiere creativo” è suggestiva e appassionante (è un grande tema dell’urbanistica di oggi), ma è raro che un progetto (azione intenzionale, spesso pubblica o cmq collettiva) riesca nell’intento di realizzare qualcosa di vero, sostenibile, radicato, generativo… Il mio intento per ora è verificare alcuni elementi di fattibilità attraverso qualche rapida analisi di contesto. Se nella ricerca di partner pubblici riuscite a dimostrare che l’idea può funzionare davvero (e il burocrate è scettico di fronte alla poesia!) allora forse l’Art Zone a Pisticci può diventare realtà…

      2. Il primo aspetto che vi propongono di “quantificare”, o almeno di descrivere analiticamente, è la densità di soggetti e progetti creativi che si concentrano a Pisticci e dintorni (fino ad includere anche Matera e Taranto, per esempio). L’idea è che se c’è una densità sufficiente di tali elementi nel territorio, è più probabile che l’Art Zone “attecchisca” e diventi attrazione turistica e fucina di idee

      3. Il secondo tema è quello dell’accessibilità, sia con riferimento a turismo culturale (estivo, fuori porta, legato al festival e non) che alla presenza in loco dei creativi/artisti cui donerete le lammie. Dimostrare che Pisticci è raggiungibile in tempi ragionevoli non è sufficiente a garantire presenze turistiche, ma è sicuramente un passo avanti in termini di concretezza

      Nell’allegato trovate tutto con maggiore dettaglio. Per ora mi fermo qui, scusandomi per imprecisioni, omissioni e confusioni varie. Nella “prossima puntata” mi dedicherò più direttamente al progetto operativo. Poi ne parliamo…

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    • Ciao Antonio, grazie per il tuo intervento davvero molto denso.
      Sono fuori sede: appena torno a casa approfondisco il tuo doc e iniziamo a ragionarci su su. Da una rapida lettura emerge che i tuoi consigli da addetto ai lavori sarano preziosissimi per testare la fattibilità dell’Art Zone. ;)

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    • Un saluto a tutti.
      Questo breve post, solo per comunicare che stasera ci riuniamo per fare il punto (operativo) della situazione rispetto alle ultime sollecitazioni fatte da Antonio, mentre venerdì mattina incontriamo l’assessore comunale alle attività produttive e un rappresentante del Gal Cosvel per presentare loro la nostra proposta. Si potrebbe verificare una felice coincidenza: il comune, dopo il work-shop di presentazione del Gal, di cui vi parlai qualche giorno fa, sembra fortemente intenzionato a presentare uffcialmente al Gal (programmazione 2007-2013) una proposta progettuale (il Comune da socio del consorzio Gal è tenuto a farlo, il Gal è tenuto a recepire per la successiva redazione di bandi,ecc) partendo dalla nostra idea di albergo diffuso nel rione Dirupo (il Comune non sa, però, dell’Art Zone).
      Sono ben accetti altri consigli (dopo quelli preziosissimi di Antonio) su come “gestire” l’incontro istituzionale.
      Forse “postiamo” alcune riflessioni già stasera. ;)
      PS: aspettiamo news anche su come sarà organizzato il desk di giovedì.

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    • Salve a tutti.
      In questo documento cercherò di dare risposta ad alcune delle considerazioni fatte da Antonio, il quale ci ha regalato un intervento davvero stimolante che ci sta impegnando in una serie di studi, ricerche e discussioni avvincenti.
      In particolare, vorrei affrontare brevemente il discorso dell’impatto in termini di sviluppo dell’AZ di Pisticci, come diceva Antonio, appunto, interessa, se vogliamo adottare uno schema che semplifichi il nostro discorso, due settori: il turismo, nell’accezione più ampia, e il settore della creatività. Crediamo che più in generale il discorso possa innescare un processo complessivo di sviluppo locale.

      Anotonio scrive…:” Turismo, nella sua accezione culturale e in una logica di de-stagionalizzazione dei flussi di visitatori: l’art-zone diventa una meta per “gite fuori porta” per chi frequenta la costa jonica durante tutta l’estate, o per chi vive nelle città vicine (in un raggio di 100/200 km?).

      Contiuna Antonio….:”Per cominciare, è necessaria una piccola analisi geografica. L’accessibilità si può intendere a varie scale, che corrispondono a diverse domande: quanto tempo impiego a raggiungere Pisticci dalle città vicine (Matera, Potenza, Taranto… Bari, Napoli)? Quanto (e con quali mezzi) dalle stazioni ferroviarie principali (Matera, Taranto)? Quanto dagli aeroporti (Brindisi, Grottaglie)? Dalle principali località marittime…(Salento)?
      Pisticci, e quindi la sua AZ, da una analisi fatta suo tempo per il progetto Visioni Urbane, risulterebbe baricentrica rispetto a tutto il metapontino, (luogo di villeggiatura per decine di migliaia di persone che durante il periodo estivo alloggiano nelle strutture turistiche della costa:Metaponto 25 minuti, Scanzano Jonico meno di 20 minuti, Policoro meno di 25 minuti, Nova Siri 30 minuti, Ginosa 30 minuti, Castellaneta 35 minuti e così via) ma, più in generale, per l’arco jonico, la Basilicata tutta, la Puglia (province di Bari, Taranto, un po’ più lontane Brindisi -1 ora circa – e Lecce – 1 ora e 30 -) e Calabria (Cosenza).
      Inoltre Pisticci è facilmente raggiungibile per molte località della collina materana (mezz’ora circa). Quindi il bacino di utenza potenziale si aggira sulle 100.000 unità lucane e altrettante, se non di più, pugliesi (Taranto è a 45 minuti circa) e calabresi (la provincia di Cosenza è a 40 minuti circa).

      Pisticci Centro entro 40 minuti di percorrenza è raggiungibile anche da Matera città, dai paesi della Val D’agri e della Sinnica, e, come dicevamo poc’anzi da Potenza (1 ora scarsa), da quasi tutta la provincia di Cosenza (la parte jonica) e da tutta la provincia di Taranto. Quindi il bacino di utenza potenziale (se si considera Taranto città) si aggira sulle 500.000 unità (va considerato a parte il bacino turistico).
      Il sistema stradale è ben messo: la statale 106 Jonica è oramai tutta a 4 corsie con guard-rail centrale da Policoro fino a Taranto, la Basentana a 4 corsie fino a Potenza, la Provinciale, che dalla statale 106 Jonica va a Pisticci, è a scorrimento veloce. La Statale che viene da Matera è l’unica, fino all’imbocco con la Basentana, che è di medio-bassa qualità.
      Pisticci dista 1 ora e 15 minuti dall’aeroporto di Bari Palese, 1 ora e 30 da Brindisi, 2 ore e 30 da Capodichino. La novità è rappresentata dall’aeroporto di Pisticci che, se non ci sono intoppi, entrerà in funzione il prossimo anno, potendo ospitare charter e voli di linea del settore turistico.

      Antonio scrive…..:”Non si tratta più dei soli 4 (?) giorni del festival… Ma gli artisti devono essere in loco, io visitatore devo poterli incontrare al bar o direttamente a casa loro, o mentre girano uno spot per le strade della campagna circostante. …

      E ancora…:”Uno dei fattori da esaminare è l’accessibilità. La probabilità che Pisticci sia visitata dipende almeno in parte dalla possibilità di intercettare flussi turistici diretti altrove (mare, città…) o di costituirsi direttamente quale meta di flussi. Inoltre, se gli artisti con seconda casa nelle Lammie hanno la loro residenza in zone facilmente accessibili è possibile che cresca il numero di weekend che passano a Pisticci, e di qui la possibilità di interagire con voi e con l’impresa locale.

      Questa massa enorme di potenziali utenti, attirati sia dalle “celebrità” del settore, presenti a Pisticci perché coinvolte direttamente nel progetto LFF (co-direzione artistica, progetti speciali, produzione artistica, residenza, ecc), sia da una serie di servizi, eventi e prodotti integrati: arte, cultura, artigianato, eno-gastronomia, direttamente e indirettamente connessi all’AZ, innanzitutto apporterebbero un indotto economico diretto importante (ristoranti, artigianato, servizi, commercio sarebbero presi d’assalto). Popolerebbero il paese, che così ci guadagnerebbe in termini di vivacità sociale. Ma non solo: potrebbero essere indirizzati verso altre “direzioni” non solo geografiche.

      A questo punto, infatti, è possibile ipotizzare uno stretto collegamento tra i flussi di turisti e visitatori con un altro tema che abbiamo presentato nel nostro documento di progetto, ovvero le ZIC, le Zone d’Interesse Cinematografico. Ovvero i luoghi diventati famosi, anche presso il grande pubblico, in cui sono state girate scene o film importanti della storia del cinema moderno.

      Gli utenti, cioè, potrebbero essere guidati, proprio dai “VIP” (passateci questo termine), ospiti del LFF (cosa ancora più plausibile se si tratta di personaggi del mondo del cinema) in veri e propri viaggi cine-turistici, percorsi integrati tra cinema, natura, arte e storia.
      Immaginiamo, per es. Rocco Papaleo, un nome (tra i tanti) non casuale, regista/attore lucano, conosciuto presso il grande pubblico, anche televisivo, che avvalendosi (anche, ma non è una condizione necessaria, ma un valore aggiunto) della conoscenza del territorio in questione, accompagnare un gruppo di persone sulle location cinematografiche di Craco vecchia (dove sono stati girati molti film, ad es. The Passion e dove inizia il reportage di Kublai sul LFF), realizzando una performance artistica itinerante del tutto originale.
      In un colpo solo marketing territoriale e produzione culturale, effetti (in)diretti promanati dall’AZ, che andrebbero a comporre l’offerta complessiva del LFF e ad arricchire un territorio più ampio.
      E’ un discorso che naturalmente va approfondito.
      Domani, intanto, cercherò di sviluppare la parte del discorso legata alle industrie culturali, alla sua densità e utilità in vista dell’AZ.

      Vi lascio con un elaborato di Rocco (che introduce rivisitazioni americane in chiave locale molto interessanti, quanto meno sul piano semantico) da implementare dopo i vostri auspicabili feedback. E’ uno schema che va supportato dall’analisi di alcuni fattori, da studi di sistema (mercato dell’offerta e della domanda culturale – posizionamento del “prodotto/servizio” dell’Art Zone sul mercato – analisi della clientela – e altre variabili, in particolare il decreto di sgombero che ci sta facendo prendere in considerazione, visto che l’idea progettuale è praticamente modulare, la possibilità di individuare altri rioni di Pisticci, simili al Dirupo- è fondamentale la presenza di un numero importante di lammie – nel caso in cui la revoca del decreto di sgombero fosse del tutto impraticabile).

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    • Non riesco a postare l’allegato… come faccio? ;)
      edit: risolto. E’ mozilla che non me lo consente…

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    • Ecco qui il doc. di Rocco.

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      Alberto
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      Max, ti prego: inizia una nuova discussione quando cambia argomento, e dalle un titolo esplicativo. Questa discussione sta diventando enorme, si rischia di faticare a trovare il materiale.

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    • Scusa Alberto, è che la intendevo senza soluzione di continuità.
      Domani vedo di provvedere.

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